Anche l’Australia dice basta ai contenuti online prodotti dagli editori, utilizzati e non retribuiti dai colossi americani.
La decisione è stata presa dal governo di Canberra e consiste nell’imposizione di un codice di condotta obbligatorio sulle piattaforme digitali, dopo aver provato per mesi a trovare un accordo volontario con i due OTT, evidentemente non andato a buon fine.
Ad annuciarlo è stato il Ministro del Tesoro australiano, Josh Frydenberg, affermando che “sulla questione fondamentale della remunerazione dei contenuti, che il codice ha cercato di risolvere, non ci sono stati progressi significativi”, quindi l’Australia diventerà il primo governo a imporre un regime legale, che prevede penalità finanziarie per il comportamento delle piattaforme digitali. La legge, che l’Australia adotterà nei prossimi mesi -entro luglio 2020 probabilmente-, imporrà a Google e Facebook di condividere i propri ricavi pubblicitari con i gruppi editoriali, ma il funzionamento preciso di questo sistema di retribuzione non è stato ancora specificato.
I gruppi editoriali locali, dopo mesi di reclami, hanno ottenuto questo passo in avanti da parte del loro governo. I media, infatti, sostengono che gli OTT americani, con la loro posizione dominante in rete nella diffusione dell’informazione, gestiscano anche la maggior parte della pubblicità online, fonte di reddito primaria per tutti gli editori digitali, anche australiani. Secondo alcune stime australiane, ogni 100 dollari spesi in pubblicità digitale nel Paese, oltre due terzi vanno a Facebook e Google, ecco perché il governo ha deciso che i colossi americani dovranno iniziare molto a breve a pagare per i contenuti prodotti da altri.
La decisione di accelerare è una conseguenza dell’opinione espressa dall’ente di vigilanza Australian Competition and Consumer Commission (Accc): infatti, il collasso del mercato pubblicitario legato alla pandemia da coronavirus ha aggravato l’urgenza di un problema che già minacciava il futuro del giornalismo australiano -e mondiale-.
Google si è detto disposto a continuare il lavoro comune di collaborazione per stabilire un codice di condotta con la stampa, Facebook ha assicurato di aver “lavorato duramente per rispettare la scadenza” e “ha investito milioni di dollari a livello locale per supportare gli editori australiani” con mezzi diversi, quindi si è detto “deluso” per la decisione del governo.