È confermato lo stop al commissariamento dell’Inpgi. Altri 12 mesi di tempo per tentare il risanamento dell’Istituto. Impresa possibile?
Alla Camera, le Commissioni Bilancio e Finanze hanno approvato l’emendamento “salva-Inpgi”, al decreto crescita approvato ieri. La proposta era stata presentata la scorsa settimana dai relatori Claudio Durigon della Lega e Laura Castelli del Movimento 5 stelle, sottosegretario all’Economia, ed è stata modificata nella forma nella giornata di ieri, lunedì 17 giugno.
“Si tratta di un provvedimento molto importante, che esclude per un periodo sufficiente l’ipotesi di commissariamento, primo passo per liquidare la gestione, la storia e l’autonomia dell’Ente e di tutti i suoi iscritti”, ha commentato Marina Macelloni, Presidente Inpgi.
All’Istituto previdenziale dei giornalisti sono stati dunque concessi 12 mesi di tempo, a partire dalla conversione in legge del decreto (che avverrà il 29 giugno), per avviare la riforma partendo “dal contenimento delle spese e in subordine agendo sulle entrate contributive” e cercare di riequilibrare la gestione dell’Istituto, colmando il debito di 178 milioni.
Dopo la conversione del Decreto l’Inpgi dovrà intervenire sul contenimento della spesa, portando il disavanzo sotto il 7% del patrimonio entro il 2021 e non più entro un anno come prevedeva il testo prima della modifica apportata ieri. Entro 18 mesi dall’entrata in vigore del decreto legge l’Inpgi dovrà far pervenire ai ministeri vigilanti un bilancio tecnico. Qualora la situazione non dovesse migliorare interverrà il governo che “al fine di ottemperare alla necessità di tutelare la posizione previdenziale dei lavoratori del mondo dell’informazione, adotta uno o più regolamenti per disciplinare l’ampliamento della platea contributiva di Inpgi”, si legge nel provvedimento.
L’ampliamento della platea era stato già previsto da provvedimenti precedenti formulati dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon e in sostanza prevedeva il trasferimento dall’Inps all’Inpgi dei comunicatori.
Per Macelloni, l’ampliamento della platea “è l’unica in grado di garantire una sostenibilità concreta e duratura all’Istituto e di dare una risposta anche previdenziale alle profonde trasformazioni attraversate dalla nostra professione”. L’ultimo bilancio Inpgi in positivo risale al 2010, anno in cui le entrate erano di 376 milioni e le uscite di 369 milioni. Da quel momento in poi il disavanzo è andato aumentando anno dopo anno.
Nella nota comparsa ieri sul sito dell’Istituto si legge di come “l’emendamento votato oggi riconosce e dà legittimità al grande lavoro svolto in questi mesi dal Consiglio di amministrazione, dal Collegio sindacale e dalla Direzione generale dell’Istituto in collaborazione stretta con i Ministeri vigilanti e in particolare con il Sottosegretario Claudio Durigon”.
Oggi pomeriggio è previsto il voto della Camera, poi sarà il turno del Senato in seconda lettura. È in corso invece, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle politiche di investimento e spesa dei fondi pensione e delle casse professionali avviata dalla Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, l’audizione dei vertici Inpgi Marina Macelloni e Vito Branca, rispettivamente Presidente dell’Ente e Presidente del collegio sindacale dell’Inpgi.
Macelloni durante l’audizione ha chiarito che le “criticità” dell’Inpgi sono “le stesse che ha subìto il sistema generale, cioè un calo fortissimo del lavoro dipendente, la trasformazione da lavoro dipendente a lavoro autonomo”, fattori che hanno portato ad “uno sbilancio previdenziale, nell’ultimo anno, di circa 147 milioni” nella gestione principale, mentre, “al contrario, la gestione separata, quella che assicura i lavoratori autonomi, registra costantemente tassi di crescita molto alti, sia del patrimonio, che degli iscritti.(…) negli ultimi 5 anni noi abbiamo perso 3.000 rapporti di lavoro dipendente, pari al 15% della platea”, un tasso “più alto dei tassi di disoccupazione generale”.
“Dal 2010 si è manifestata una progressiva crescita della spesa, che ha raggiunto il suo apice nel 2016, con un aumento per gli assegni di cassa integrazione pari al 550% circa e per i contratti di solidarietà pari al 700% circa”, ma già nel 2017, constata Macelloni, “si è verificata una diminuzione delle richieste, probabilmente collegata all’esaurimento momentaneo dei fondi statali stanziati per i pre-pensionamenti”.
La contrazione dei ricavi della gestione principale dell’Inpgi “deriva dalla diminuzione dei rapporti di lavoro in essere” calati “dai 15.771 del 2017 ai 14.870” dell’annualità passata (-5,71%).