VENEZIA (ITALPRESS) – Un sogno lungo una carriera, quello di Pedro Almodòvar di girare “La voce umana”, il celeberrimo monologo teatrale scritto alla fine degli anni ’20 da Jean Cocteau, sul quale si basa “The Human Voice”, presentato oggi Fuori Concorso alla 77ma Mostra del Cinema di Venezia. Almodòvar lo insegue da sempre, come ha confessato nella conferenza stampa veneziana di questa mattina: “Lo avevo già citato in uno dei miei primi film, La legge del desiderio, in una scena con Carmen Maura, e poi era stato il vero motivo ispiratore del mio film successivo, Donne sull’orlo di una crisi di nervi, che era stato presentato proprio qui a Venezia, dove sempre Carmen Maura era chiusa in casa e scopriva di essere stata abbandonata dal suo uomo tramite un messaggio sulla segreteria telefonica. La situazione di una donna abbandonata, sola, sull’orlo della rottura è una situazione drammatica che sempre mi ha stimolato”.
Questa volta, però Pedro Almodòvar ha voluto restare fedele al testo di Cocteau, limitandosi a fare un mediometraggio della durata di 50′ e chiamando a interpretarlo Tilda Swinton, dunque affrontando per la prima volta la sfida di girare un film in inglese: “Era un esperimento che volevo fare, mi sono sentito libero”. La solitudine e la reclusione sono due elementi che fanno pensare al lockdown: “Ci ha fatto capire tante cose, per esempio che la gente dipende dalla finzione, dalle narrazioni: uno dei modi di riempire il tempo è stato guardare film, serie, ovvero nutrirci di qualcosa che ha a che fare con la cultura, qualcosa che è stato scritto, creato da artisti. Questo è un aspetto positivo, ma come regista penso anche che sia molto importante andare oltre e non credere che la strada del futuro sia quella di stare a casa per lavorare o anche per divertirci. Non possiamo fare tutto in modo sedentario: se non si è obbligati a stare in casa, bisogna uscire, ritrovare il piacere di alzarsi, vestirsi e andare fuori di casa, stare in mezzo alle altre persone sia lavorare che per rilassarsi”.
(ITALPRESS).
Questa volta, però Pedro Almodòvar ha voluto restare fedele al testo di Cocteau, limitandosi a fare un mediometraggio della durata di 50′ e chiamando a interpretarlo Tilda Swinton, dunque affrontando per la prima volta la sfida di girare un film in inglese: “Era un esperimento che volevo fare, mi sono sentito libero”. La solitudine e la reclusione sono due elementi che fanno pensare al lockdown: “Ci ha fatto capire tante cose, per esempio che la gente dipende dalla finzione, dalle narrazioni: uno dei modi di riempire il tempo è stato guardare film, serie, ovvero nutrirci di qualcosa che ha a che fare con la cultura, qualcosa che è stato scritto, creato da artisti. Questo è un aspetto positivo, ma come regista penso anche che sia molto importante andare oltre e non credere che la strada del futuro sia quella di stare a casa per lavorare o anche per divertirci. Non possiamo fare tutto in modo sedentario: se non si è obbligati a stare in casa, bisogna uscire, ritrovare il piacere di alzarsi, vestirsi e andare fuori di casa, stare in mezzo alle altre persone sia lavorare che per rilassarsi”.
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