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All’interno di questo raggruppamento le province piu’ colpite dall’epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%). L’eccesso di mortalita’ piu’ consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni: i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo; segue la classe di eta’ 80-89 (quasi 2,2 volte di aumento). L’incremento della mortalita’ nelle donne e’ invece piu’ contenuto per tutte le classi di eta’. Raggiunge il 20% in piu’ della media degli anni 2015-2019 alla fine di marzo, tanto per la classe di eta’ 70-79 che per la 90 e piu’. Esiste una quota ulteriore di circa altri 11.600 decessi per la quale si puo’ soltanto ipotizzare tre possibili cause: una ulteriore mortalita’ associata a Covid-19 (decessi in cui non e’ stato eseguito il tampone), una mortalita’ indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalita’ da cause cardiorespiratorie in corso di influenza).
Infine, una quota di mortalita’ indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette. Nonostante il calo dei contagi dovuto alle misure di “distanziamento sociale” intraprese dai primi giorni di marzo, le curve nazionali dei casi diagnosticati e dei decessi hanno iniziato a decrescere solo negli ultimi giorni di marzo. Il 52,7% dei casi (104.861) e’ di sesso femminile. L’eta’ mediana e’ di 62 anni (range 0-100).
(ITALPRESS).