ROMA (ITALPRESS) – La grande crisi del Coronavirus ha rimesso al centro il tema dell’autonomia, i guasti del regionalismo e, soprattutto, tutti, scienziati e medici, tornano a invocare il rispristino del servizio sanitario nazionale. C’e’ chi ne aveva parlato in tempi non sospetti. Un uomo di stato e di impresa come Pellegrino Capaldo. Ce n’e’ traccia nella “Grande Balla – Non e’ vero che il Sud vive sulle spalle del Nord, e’ l’esatto contrario”, il libro di Roberto Napoletano per La nave di Teseo:
“Un uomo del valore e dell’esperienza del banchiere ed economista Pellegrino Capaldo arriva coraggiosamente a sostenere che la soluzione migliore e’ di abolire tout court le regioni perche’ una maldestra competizione manderebbe in frantumi lo stato unitario che, forse, non abbiamo mai avuto e che, invece, dobbiamo impegnarci a realizzare al meglio – scrive Napoletano -. Se il professor Capaldo si spinge a fare queste valutazioni, vuol dire che non c’e’ piu’ spazio per traccheggiare tra invenzioni di sana pianta (residui fiscali delle regioni) e rifiuto apodittico di confronto con la realta’ sgradita (trucco della spesa storica e dati regionalizzati del settore pubblico allargato). Per questo merita attenzione la sua proposta-provocazione e va fatta un’analisi attenta costi e benefici delle regioni, condotta con criteri comparativi omogenei scavando nelle pieghe dei bilanci. Personale, investimenti e assistenza, la ragnatela di controllate e micropartecipate delle controllate con il loro carico di consulenze agli amici degli amici. Insomma: un viaggio in quelle ‘terre di confine’ dove le regioni si sono gia’ fatte stato e ricalcano, da Nord a Sud, i vizi storici della spesa pubblica in debito, spesso allegra, che minano alle fondamenta le radici costitutive dell’Italia”.
(ITALPRESS).
“Un uomo del valore e dell’esperienza del banchiere ed economista Pellegrino Capaldo arriva coraggiosamente a sostenere che la soluzione migliore e’ di abolire tout court le regioni perche’ una maldestra competizione manderebbe in frantumi lo stato unitario che, forse, non abbiamo mai avuto e che, invece, dobbiamo impegnarci a realizzare al meglio – scrive Napoletano -. Se il professor Capaldo si spinge a fare queste valutazioni, vuol dire che non c’e’ piu’ spazio per traccheggiare tra invenzioni di sana pianta (residui fiscali delle regioni) e rifiuto apodittico di confronto con la realta’ sgradita (trucco della spesa storica e dati regionalizzati del settore pubblico allargato). Per questo merita attenzione la sua proposta-provocazione e va fatta un’analisi attenta costi e benefici delle regioni, condotta con criteri comparativi omogenei scavando nelle pieghe dei bilanci. Personale, investimenti e assistenza, la ragnatela di controllate e micropartecipate delle controllate con il loro carico di consulenze agli amici degli amici. Insomma: un viaggio in quelle ‘terre di confine’ dove le regioni si sono gia’ fatte stato e ricalcano, da Nord a Sud, i vizi storici della spesa pubblica in debito, spesso allegra, che minano alle fondamenta le radici costitutive dell’Italia”.
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