Trentacinque anni fa l’Italia si collegò per la prima volta a Internet. Era il 30 aprile 1986.
Il nostro Paese fu tra i primi in Europa, grazie ad un gruppo di pionieri. Il segnale partì dal Centro universitario per il calcolo elettronico del Cnr di Pisa (Cnuce) e arrivò alla stazione di Roaring Creek, in Pennsylvania.
Pochi giorni prima era avvenuto il disastro di Chernobyl quindi la notizia fece poco scalpore, ma fu davvero l’inizio di una storia nuova e molto prima che Internet diventasse dominio di tutti, agli inizi degli anni Novanta.
Dietro quel risultato c’era un lungo lavoro di preparazione iniziato negli anni Settanta in concomitanza con lo sviluppo di Arpanet (la rete della difesa militare americana). Fu fondamentale la stretta collaborazione dei ricercatori italiani con alcuni padri di Internet come Robert Khan e Vinton Cerf e la loro lungimiranza.
Avevano infatti intuito che grandi macchine di calcolo avrebbero avuto un’influenza straordinaria nella trasmissione di informazioni e contenuti. E 35 anni dopo si può confermare che l’intuizione era stata corretta.
“Quel primo segnale giungeva dopo oltre cinque anni di lavoro del Cnuce. Sperimentavamo diversi standard di collegamento tra computer, non potevamo sapere che Arpanet avrebbe dato vita a Internet”, spiega Stefano Trumpy, direttore del Cnuce, tra i responsabili del progetto, contattato telefonicamente da La Stampa.
“Eravamo all’avanguardia, e gli americani lo sapevano: se il primo collegamento non fosse stato con Pisa, sarebbe stato poco dopo con qualche altra università”, aggiunge poi.
In Italia secondo Registro .it, organo dell’Iit-Cnr di Pisa, in tutto il 2020, anno della pandemia, c’è stato un boom di domini ‘.it’: ne sono stati registrati 592.821, il 13,2% in più rispetto al 2019.