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Volpi di USPI intervistato da Radio Radicale, “serve serietà, competenza e buona informazione”

Il nostro Direttore Responsabile, Vittorio Volpi, questa mattina è stato intervistato da Radio Radicale, in merito all’articolo uscito venerdì scorso sul Notiziario USPI, dal titolo Coronavirus e disinformazione online, Indagine AGCOM su piattaforme digitali e sistema dell’informazione”.

L’intervista di Michele Lembo, apre con una riflessione che riguarda appunto come i dati di questa Indagine conoscitiva dell’Agcom siano fondamentali se “declinati in questo clima particolare”.

Volpi partiamo dal dato iniziale che voi scegliete di presentare in questo articolo di cui stiamo parlando: circa il sessanta per cento degli italiani non distingue le notizie vere dalle false, un dato impressionante…

“Si, è un dato impressionante ma non è un dato nuovo. Devo prima fare una premessa: questa indagine dell’Agcom è uscita i primi di marzo quindi tutta la documentazione, la ricerca eccetera è pre-coronavirus chiaramente. Però è importantissimo vedere che in questo momento di emergenza sanitaria, una delle principali fonti di fake news, di attacco delle fake news è quella di carattere scientifico, a parte il politico sociale eccetera ma l’informazione scientifica è uno di quegli ambiti in cui le fake news hanno maggior presa. E questa indagine è da una parte sconvolgente nel senso che gli italiani non riescono a capire la differenza fra notizia vera notizia semi vera o comunque ben costruita. Questa è sostanzialmente l’indagine, che poi fa distinzioni chiaramente e imputa delle “colpe”. Le distinzioni sono di natura economica, di natura geografica, di natura diciamo “culturale”, sui titoli di studio che si possiedono. Il problema è che l’informazione online stenta a decollare come capacità economica e quindi c’è la difficoltà di monetizzare i contenuti, a causa della riduzione degli investimenti, registrando quindi anche la regressione della professione giornalistica, nella fase di produzione e di consumo”.

L’informazione professionale che, come ricordate anche sempre voi dell’USPI, è una garanzia in realtà anche dal punto di vista proprio istituzionale per i doveri a cui sono tenuti i giornalisti professionisti, le testate riconosciute rispetto alle leggi vigenti nel nostro Paese, ecco come può l’informazione professionale competere in questo campo, riuscire a convincere i cittadini della propria affidabilità?

“Guardi, qui serve serietà, competenza e buona informazione, la stessa che poi porta allo studio dell’Agcom. La qualità dell’informazione è fondamentale e la qualità dell’ informazione può darla solo chi ha delle capacità giornalistiche, cioè quegli editori che non si soffermano a fare un blog, i famosi influencer di adesso eccetera, ma editori che hanno ha la voglia la capacità di dare un’ufficialità alla propria redazione, al proprio giornale, alla propria testata, iscrivendola al tribunale, avendo un direttore responsabile iscritto all’ ordine dei giornalisti, quindi dando un’ufficialità e una serietà d’impostazione al proprio lavoro. Tutti quegli editori che hanno dei giornalisti lavoratori dipendenti che abbiano comunque uno stipendio adeguato alle loro capacità insomma.

Stiamo però sperimentando in questi giorni di emergenza che esiste una capacità di reazione, di resistenza rispetto alla fake news, guardando un po’ indietro ai momenti che hanno preceduto questa grave crisi. Alcuni gravi elementi di disinformazione circolati in questi giorni sono stati arginati con una certa facilità, sembra che le persone stiano in qualche modo maturando un po’ una resistenza a questi contenuti, è una mia impressione o lei la pensa allo stesso modo?

“Io più che altro me lo auguro. Poi vedo, in effetti, che c’è stata anche una mobilitazione anche da parte dell’informazione seria, delle testate eccetera. Ho visto per esempio in televisione passare una pubblicità che diceva che l’informazione è data dai giornali. Vedo che Facebook in qualche modo sta cercando di frenare almeno le fake news più clamorose, insomma, in cui però purtroppo molti ci cadono. Per esempio c’è il video quello famoso con la moto dei cinesi mangiano cose incredibili e a quello hanno creduto anche persone delle istituzioni. Guardi, io ho due figli uno di 28 e uno di 20, sono proprio due mondi, uno è tutto digitale e uno è ancora a metà. Quello digitale spesso dice “Papà ho letto su Facebook, su Twitter eccetera…”, e io insisto dicendogli di approfondire le notizie che legge, confrontandole con altre fonti. I più esposti sono sicuramente i ragazzi, per gruppo, perché si autoinformano molto fra di loro. Però vedo che c’è comunque una presa di coscienza e l’importanza di non sentire più una fonte sola. Questo sì, e questo è tutto a vantaggio della serietà dell’informazione e del giornalismo”.

È possibile ascoltare l’intervista del Dott. Volpi sul sito di Radio Radicale.

Irene Vitale

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