Riforma editoria: Camera approva ordine del giorno per rilanciare l’intera filiera

Con parere favorevole del Governo, la Camera, nell’ambito della discussione sull’esame del disegno di legge di conversione del Decreto legge c.d. “Sostegni bis”, ha approvato un Ordine del Giorno che impegna l’Esecutivo a valutare iniziative di riforma dell’intero sistema editoriale e della filiera dell’informazione. Compresa la riscrittura di una legge sull’editoria.

Le finalità sono quelle che riguardano il rilancio dell’occupazione, la messa in sicurezza dell’Istituto di previdenza e il garantire ai lavoratori autonomi un equo compenso, mettendo a disposizione delle imprese adeguate risorse per aggiornare e ammodernare i processi produttivi.

Testo dell’Ordine del Giorno 9-3132 A/R – 126 

“La Camera,

premesso che: 

l’articolo 69 del provvedimento in esame prevede una serie di misure urgenti a sostegno della filiera della stampa; 

il comma 9-quinquies dell’articolo 69, introdotto in seguito all’approvazione in commissione di merito di un emendamento del Pd, slitta dal 30 giugno al 31 dicembre il commissariamento dell’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, con l’obiettivo, si legge nel testo dell’emendamento, di «consentire i necessari approfondimenti che saranno svolti da una commissione tecnica composta da rappresentanti del ministero del lavoro, della presidenza del consiglio dei ministri-dipartimento editoria, del ministero dell’economia, di Inps e Inpgi»; 

tale intervento, prioritario per la stabilità dell’istituto, non può prescindere da una seria analisi delle difficoltà e delle prospettive di rilancio dell’intera filiera dell’informazione, un settore che da troppo tempo subisce trasformazioni che hanno bloccato crescita, sviluppo e lavoro; 

è necessario un provvedimento che ponga al centro la difesa del lavoro e la tutela dell’informazione; 

nel settore dell’informazione il lavoro è per molti sempre più precario e questo comporta un’informazione di qualità bassa e dei cittadini meno informati. Oggi il lavoro giornalistico, pur essendo vincolato alle regole di un ordinamento professionale, si esercita normalmente in regime di lavoro subordinato e comunque, anche in presenza di prestazioni inquadrate giuridicamente come prestazioni di lavoro autonomo, sempre a favore di aziende editoriali. Questa specificità del lavoro giornalistico lo distingue dalle altre attività professionali; 

non può essere più rinviata una riflessione approfondita da parte del Parlamento e del Governo sul sistema previdenziale dei giornalisti. Com’è noto il bilancio della gestione pensionistica dell’Inpgi è in pesante passivo. Un passivo giunto a livelli ormai insostenibili essenzialmente per lo squilibrio tra giornalisti dipendenti attivi e pensionati. In modo simile all’Inps, anche l’Inpgi ha un rapporto attivi/pensionati di circa 1,5 e una dinamica degli stipendi che negli ultimi anni ha visto una costante diminuzione della contribuzione degli assunti. Ha inoltre appesantito i conti dell’Inpgi il ricorso costante delle aziende ai prepensionamenti con una ulteriore progressiva diminuzione delle entrate. Tant’è che negli ultimi dieci anni sono usciti dalle redazioni attraverso i prepensionamenti circa 1.200 giornalisti su una platea complessiva di contributori che attualmente di circa 15.000 dipendenti, in pratica l’8 per cento del totale del lavoro dipendente. Ogni mese le uscite per il pagamento delle pensioni sono circa una volta e mezza le entrate da contributi. La situazione molto simile a quella della previdenza dell’Inps che, a differenza dell’Inpgi, può contare per restare in equilibrio sulla fiscalità generale. Nel 2020 il disavanzo dell’Inpgi ha raggiunto quasi 250 milioni, per cui per raggiungere il pareggio dei conti di bilancio sarebbe necessario un aumento del 5 per cento dei contributi o la diminuzione del 30 per cento della spesa per le pensioni. Ipotesi evidentemente non praticabili. Una prima risposta, sebbene non sufficiente, costituita dalla legge n. 58 del 28 giugno 2019, che prevede l’allargamento della base contributiva a partire dal 2023, attraverso l’inserimento nell’Inpgi della categoria dei cosiddetti comunicatori della Pubblica Amministrazione. Ad appesantire i conti dell’Inpgi ha inoltre contribuito, negli ultimi dieci anni, l’esborso, per ammortizzatori sociali, a favore dei dipendenti delle aziende in crisi per circa 500 milioni. Sono evidentemente molteplici le azioni da intraprendere urgentemente a tutela dell’informazione e dei giornalisti; 

occorre intervenire per l’abolizione del carcere per i cronisti e ricordato che la proposta di legge giace in Senato; 

nel giugno del 2020 l’allora presidente della Corte costituzionale (Marta Cartabia) ha firmato un’ordinanza, assegnando al Parlamento un anno di tempo per intervenire sulla pena detentiva; occorre, altresì, intervenire in tempi rapidi per approvare la legge contro le querele bavaglio, divenute una vera emergenza democratica e ricordato che la proposta di legge, costituita da un unico articolo, ferma in Senato,

impegna il Governo:

a valutare l’opportunità di porre al centro del confronto politico la difesa del lavoro e la tutela dell’informazione, attraverso l’approvazione di una serie di interventi prioritari volti: a valutare l’opportunità di aprire finalmente un tavolo per riscrivere la legge dell’editoria che risale al 1981, coinvolgendo tutte le parti sociali e definendo uno statuto che affronti anzitutto i temi degli ammortizzatori sociali, dell’equo compenso, delle forme di credito per i gruppi editoriali; a valutare l’opportunità di anticipare l’attuazione della legge n. 58 (legge 28 giugno 2019) per l’allargamento della platea contributiva dell’Inpgi. E a valutare l’opportunità di promuovere un confronto volto a superare il precariato e l’applicazione di contratti giornalistici per quella vasta platea di giornalisti che svolge l’attività professionale inquadrata giuridicamente come prestazioni di lavoro autonomo, ma sempre a favore di aziende editoriali; a valutare l’opportunità di dare immediata attuazione alla legge sull’equo compenso 233/2012, che fissa una soglia minima di pagamento”.