“Spezzare la morsa della tecnologia pubblicitaria che Google ha attualmente sugli editori”. Questo lo scopo dichiarato dall’European Publishers Council -EPC- che ha presentato oggi alla Commissione Ue una denuncia antitrust contro Google.
In particolare l’EPC chiede alla Commissione europea di “ritenere Google responsabile della sua condotta anticoncorrenziale e di imporre rimedi per ripristinare condizioni di concorrenza effettiva nella catena del valore dell’ad tech”, si legge nella nota.
“È giunto il momento che la Commissione europea imponga a Google misure che in realtà cambino, non solo mettano in discussione, il suo comportamento – comportamento che ha causato e continua a causare danni considerevoli, non solo agli editori di stampa europei, ma a tutti gli inserzionisti e infine ai consumatori sotto forma di prezzi più elevati (comprese le tariffe ad tech), meno scelta, meno trasparenza e meno innovazione”, tuona il presidente dell’EPC Christian Van Thillo.
Lo scontro, quindi, si concentra sul nodo relativo alla pubblicità. Per gli editori Ue il colosso di Mountain View ha distorto la concorrenza da quando ha acquisito DoubleClick.
“Le autorità garanti della concorrenza di tutto il mondo hanno scoperto che Google ha limitato la concorrenza nella tecnologia pubblicitaria, eppure Google è riuscita a farla franca con impegni minori che non fanno nulla per apportare modifiche significative alla sua condotta. Questo non può andare avanti. La posta in gioco è troppo alta, in particolare per la futura fattibilità del finanziamento di una stampa libera e pluralistica”, ha proseguito Van Thillo.
Nel 2008 Google ha acquisito questa piattaforma che si occupa di fornire pubblicità ai siti online. DoubleClick sembrerebbe avere clienti importanti come Microsoft, L’Oreal e Coca-Cola quindi, di fatto, Big G controllerebbe quasi la totalità del mercato online della pubblicità, vantando quote di mercato fino al 90-100% nei segmenti della catena della tecnologia pubblicitaria.
Quindi, per gli editori, la Commissione europea è in una posizione unica per agire in merito al reclamo. Può inoltre sfruttare i risultati di una serie di autorità garanti della concorrenza, tra cui la francese, la britannica, l’australiana e la statunitense.
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