Crimi e il Bonus pubblicità: la misura verrà applicata nei tempi previsti e vogliamo farla diventare “strutturale”

Il Sottosegretario con delega all’editoria ha difeso la normativa sul credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari incrementali dai rilievi formulati dalla Commissione Europea.

Al vaglio del governo una norma, da introdurre nella Legge di bilancio 2019, per inserire la regola del “de minimis” e rendere strutturale l’incentivo fiscale anche per i prossimi anni.

In un incontro con le associazioni di categoria, presente l’USPI, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’editoria, Vito Crimi ha assicurato che il governo ha fatto (e farà) tutto il possibile per salvare la normativa sul “bonus pubblicità” dai rilievi della UE e per replicarla anche nei prossimi anni, mettendola in sicurezza con delle variazioni normative da inserire con un emendamento alla Legge di bilancio 2019, durante l’esame in Senato della attuale manovra finanziaria.

Vito Crimi (© USPI 2018)

L’emendamento, ha spiegato il Sottosegretario, conterrà l’introduzione della regola del “de minimis” (che evita il procedimento di infrazione europea sugli aiuti di Stato), permettendo così di salvaguardare la misura e dare continuità al provvedimento.

Questa soluzione, ha concluso Crimi, permetterà di soddisfare quasi tutti i percipiendi e di mettere in sicurezza l’investimento effettuato.

Il Capo Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Ferruccio Sepe, dal canto suo, ha ricostruito le osservazioni pervenute dall’’Unione Europea, che hanno indotto il governo ad accettare la “warning letter”.

Una prima obiezione (di tipo “formale”) è stata quella sulla procedura adottata: il governo italiano non ha effettuato la “pre-notifica” alla Commissione europea (peraltro non obbligatoria, ha ricordato Sepe).

Nella “lettera di avvertimento”, la prima obiezione sostanziale riguarda i profili di selettività rispetto ai media non presi in considerazione dalla norma (emittenti radiofoniche e televisive attive a livello nazionale, imprese editoriali stabilite in altri paesi europei).

La seconda obiezione riguarda gli investimenti per l’anno 2017, per i quali la misura avrebbe carattere sostanzialmente retroattivo, perdendo quindi la sua funzione incentivante.

Infine, il terzo rilievo della Direzione Generale Concorrenza, ha spiegato il Capo Dipartimento, concerne la natura stessa delle spese pubblicitarie, che non vengono classificate dalla UE come spese di investimento produttivo, ma rientranti tra le spese di funzionamento e, pertanto, non incentivabili.

I numeri
Richiamando il Comunicato pubblicato sul sito del Dipartimento, Sepe ha informato che sono state presentate 6.781 domande di prenotazione, circa l’88 per cento pervenute da piccole e medie imprese, da microimprese e da start-up innovative. Solo il 18 per cento sopra i 250.000 euro.

Ferruccio Sepe (© USPI 2018)

La richiesta è stata di quattro volte superiore alla disponibilità (su tutti e due i canali: stampa cartacea e online e radio e tv locali), ed ha generato un ipotetico riparto proporzionale tra il 23 e il 26 per cento. Con la stima di tale riparto, ha conteggiato Sepe, il 99% delle richieste sono sotto i 200.000 euro (soglia del “de minimis”).

In conclusione, il Sottosegretario ha voluto sottolineare come la normativa sul “Bonus pubblicità” sia in linea con l’interesse del governo di aiutare tutto il sistema e non solo direttamente gli editori e ha garantito l’analisi della possibilità di includere anche gli investimenti pubblicitari partenti da zero, per il prossimo anno.

L’USPI ha ringraziato il Sottosegretario e il capo Dipartimento per le posizioni prese e gli sforzi profusi, in particolare riguardo alle testate online che, altrimenti, non avrebbero avuto benefici dalla normativa di settore.