La procura di Bari ha concluso la prima inchiesta in Italia ai pirati del web che diffondevano copie pirata di giornali e periodici. Con danni stimati all’editoria per 250 milioni di euro all’anno.
Recuperati soldi in Russia e in Svizzera. E’ lì tesoro sottratto dai pirati del web che diffondono file pirata. La procura di Bari, secondo il giornale Repubblica, ha scritto la parola fine alla prima inchiesta in Italia alla pirateria editoriale che ha procurato danni mancati introiti per 250 milioni di euro all’anno.
Sono nove, infine, quelli sub judice, tra i 20 e i 59 anni. Residenti in cinque regioni italiane: Lazio, Puglia, Veneto, Sicilia, Marche, Campania.
I nove avrebbero, secondo i giudici, diffuso le copie pirata “con lo scopo di guadagnare denaro attirando iscritti e inducendoli a perfezionare l’acquisto di prodotti Amazon”.
Le indagini, avviate lo scorso anno ed ora concluse, condotte dai giudici baresi, hanno portato alla chiusura di 329 canali che hanno procurato un notevole danno al settore dell’editoria.
«Non vi è dubbio — si legge negli atti — che un fenomeno delle dimensioni di centinaia di milioni di euro di danno, presenta una gravità particolare perché incide sulla tutela costituzionale della libertà di pensiero, base di ogni democrazia».
Dagli atti dell’inchiesta del procuratore Roberto Rossi, per la prima volta si è messo nero su biancoquello che da tempo era evidente a tutti ma che in troppi, politica compresa, hanno fatto finta di non guardare: e cioè che dietro la violazione sistematica del copyright, non ci sono pirati della «rete libera». Ma piccoli criminali alla ricerca di guadagni illeciti.
Dietro la diffusione dei pdf dei giornali (in violazione del diritto d’autore), secondo i giudici dunque, si nascondono dei veri e propri criminali della Rete che recuperano in vario modo – domini e canali Telegram, buoni, banner pubblicitari sui canali – soldi per la diffuzione illecita che finiscono su conti esteri.
La maggior parte dei quotidiani e delle riviste italiane (in parte anche musica e libri) che finiscono gratuitamente sui canali Telegram vengono scaricati da sette siti che hanno sedi negli Stati Uniti, alle Bahamas e in Russia. Per questo non è stato possibile fare indagini.
Un sistema sofisticato, secondo la Procura, che sta cercando ora di individuare il metodo e la provenienza delle copie di giornale che ogni giorno vengono recuperate per poi essere diffuse.
Intanto però si farà il processo agli italiani che hanno diffuso i quotidiani.
Ma non finisce qui: perché oltre ai nove indagati italiani vi sono anche soggetti che, dopo aver scaricato i giornali illegalmente, li ridistribuivano a centinaia di altre persone.
Ma se lo «scopo di lucro» è il cuore dell’indagine barese, anche la redistribuzione successiva delle copie illegali è anch’essa un reato.
«Il web — scrive infatti la Guardia di Finanza — ha creato nuovi modelli di mercato. Ma questi modelli non possono certamente travalicare le norme e i principio del diritto».
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