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Lo slittamento del commissariamento INPGI scatena polemiche nel mondo giornalistico

Lo slittamento di sei mesi dello scudo anti-commissariamento INGPI, deciso con la riformulazione di un emendamento nella manovra della Legge di Bilancio 2021, ha scatenato qualche questione nel mondo giornalistico.

Alcuni giornalisti, compresa qualche grande firma, riuniti in un nuovo comitato ‘Salviamo la previdenza dei giornalisti’, hanno sottoscritto un appello rivolto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “per chiedere un intervento presso tutte le istituzioni interessate affinché sia confermata la garanzia pubblica dello Stato sul sistema pensionistico dei giornalisti, come già avvenuto in passato per altri enti previdenziali”.

I firmatari, in generale, chiedono che “si valuti con la massima urgenza, con responsabilità e trasparenza, ogni soluzione equa e non punitiva in grado di continuare ad assicurare la pensione e le prestazioni previdenziali a tutti i giornalisti italiani”.

“Entro pochi anni l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti (INPGI) non sarà più in grado di pagare le pensioni presenti e future dei giornalisti italiani, mandando in fumo decenni di versamenti, compresi quelli di chi è ancora in servizio attivo”, prosegue l’appello rivolto a Mattarella. “Il grave e strutturale squilibrio tra prestazioni e contributi ha provocato per il 2020 un passivo previdenziale di 197 milioni di euro e un disavanzo di 253 milioni di euro, aggravato dall’aver sopportato per anni l’onere di prestazioni assistenziali”.

L’attuale situazione, osserva il comitato, “rischia di ripercuotersi sul livello e sulla qualità della democrazia del nostro Paese: avere giornalisti che non si vedono garantite le prestazioni previdenziali di oggi e di domani equivale ad avere giornalisti meno indipendenti e in generale una informazione meno libera, contraddicendo nei fatti l’articolo 21 della Costituzione”.

Sos INGPI e Stampa Libera e Indipendente, invece, denunciano come “moralmente inaccettabile” l’unificazione di INPGI 1 e 2. I due gruppi, facenti parte del CdA dell’Istituto, hanno tuonato: “Sei mesi di scudo anti-commissariamento in cambio di una nuova riforma delle pensioni dei giornalisti. L’emendamento partorito dal governo per l’INPGI non risolve nulla e aggrava anzi la situazione dell’Ente previdenziale”.

Poi proseguono: “Il governo concede un intervento con soldi dello Stato che riconosce il ruolo pubblico dell’INPGI, ma chiede ‘ulteriori misure necessarie per il riequilibrio della gestione sostitutiva’ sapendo benissimo che nessun intervento è in grado di riportare in attivo i bilanci dell’INPGI 1, che si avvia a chiudere il 2020 con un rosso di oltre 250 milioni di euro”.

Punto chiave della questione sarebbe dover utilizzare i contributi versati dai precari, riuniti in INPGI 2 (che forse mai avrebbero potuto accedere a un contratto stabile), per sanare i debiti contratti da INPGI 1 e quindi dai “colleghi” privilegiati: “Tantomeno l’unificazione delle due gestioni INPGI 1 e INPGI 2, per noi moralmente inaccettabile se finalizzata esclusivamente ad erodere il patrimonio dei colleghi più deboli per far fronte al pagamento delle pensioni della gestione principale. Diffidiamo dunque i vertici dell’INPGI a impegnarsi al tavolo di confronto con il governo, che riprende oggi, ad attuare qualsiasi misura senza un preventivo confronto nel Consiglio di amministrazione, che non ha mai approfondito alcun intervento né tantomeno ha preso decisioni in merito, e chiediamo la convocazione di un Consiglio generale”.

Irene Vitale

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