L’Amministratore delegato della RAI Carlo Fuortes, martedì 12 scorso, ha svolto una audizione in Commissione Vigilanza, sintetizzando le ipotesi per il futuro del Canone Rai.
La pronta risposta degli editori.
Carlo Fuortes, Amministratore delegato della RAI, chiede più soldi per la TV pubblica. Non con l‘aumento del Canone, ma chiedendo allo Stato di non trattenere più una percentuale sul gettito.
Lo ha chiesto martedì 12 ottobre sera, durante l’Audizione informale presso la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
«Ridare tutto il canone alla Rai non significa un maggior canone. – ha detto Fuortes davanti alla Commissione Vigilanza – Il canone è una tassa di scopo pagata dagli italiani per avere il servizio pubblico radiotelevisivo. E al momento una parte di questa tassa viene destinata, secondo una decisione lecita del Parlamento, al Fondo per l’editoria e non al gestore del servizio pubblico televisivo».
Si fa riferimento a una cifra che lo scorso anno si è attestata attorno ai 110 milioni di euro.
Secondo l’amministratore delegato di viale Mazzini, la norma attuale porta la televisione pubblica italiana a combattere una lotta impari rispetto ai competitor stranieri.
E quindi la sua richiesta serve per «cercare di riportare l’Italia al livello di tutti gli altri Paesi europei e quindi avere il 96% invece dell’86% della tassa di scopo che pagano gli italiani per avere il servizio pubblico porterebbe 200 milioni in più di risorse, quindi il 12-13% in più. Risorse importanti che garantirebbero lo sviluppo tecnologico, garantirebbero un miglioramento del prodotto. Sarebbero risorse incrementate».
Oltre alla richiesta ufficiale di una rimodulazione dei parametri di quella parte di canone Rai trattenuto, sono state ripresentate alcune vecchie proposte per “allargare la platea” di chi è obbligato a versare questo contributo annuale. Si tratta dell’estensione della platea del pubblico pagante.
Fuortes ha sostenuto l’ipotesi di non chiedere il canone Rai solamente alle persone in possesso di un televisore, ma anche a tutti quei cittadini che si collegano (anche per vedere la tv) attraverso smartphone, tablet o pc.
Insomma, una vecchia ipotesi, già bocciata ai suoi tempi, che porterebbe al pagamento della “tassa” per tutti i possessori di device multimediali.
L’AD Rai ha chiesto, inoltre, la cancellazione della tassa sulla concessione sul canone ordinario e di limitare l’affollamento pubblicitario (per ogni singola fascia) a quota 8%,
“Desta sorpresa e sconcerto la proposta dell’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes di eliminare la quota del canone assegnata annualmente al Fondo per l’editoria”, ha stigmatizzato in una nota la stessa FIEG (Federazione degli editori soprattutto di quotidiani).
“Si tratta di risorse peraltro limitate”. Per l’esattezza 110 milioni di euro, a fronte di oltre 1,7 miliardi di finanziamento pubblico incassato dalla Rai che rappresenta una quantità di risorse senza uguali per gli altri operatori.
“Un canone che dovrebbe servire a garantire il servizio pubblico e che, invece, finanzia una programmazione in gran parte commerciale, sostanzialmente simile a quella delle televisioni commerciali, come qualsiasi cittadino può constatare quotidianamente”, sostiene la FIEG.
“Inoltre, come ha rilevato l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, – continua la nota – l’entità del finanziamento pubblico della Rai consente da parte del concessionario pubblico forme di dumping sul mercato pubblicitario a danno degli altri media, in primo luogo dei giornali”.
“La quota del canone che va al fondo per l’editoria ha come obiettivo il pluralismo dell’informazione, a garanzia di tutti i cittadini, come previsto dalla Costituzione. E a copertura di un fondamentale servizio al pubblico quale quello offerto dai giornali” sottolinea la nota della Federazione.
E così conclude: “Una parte di quelle risorse finanzia i contributi diretti assegnati ad un numero assai limitato di quotidiani e periodici editi dalle cooperative di giornalisti, dalle fondazioni ed espressione delle minoranze linguistiche, ma che contribuiscono comunque a garantire una informazione plurale”.
(Foto in alto: Carlo Fuortes, da www.wikipedia.org – di Grasso59 – licenza CC BY-SA 4.0)
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