Il cordoglio dell’USPI.
La scorsa settimana, nel volgere di pochi giorni, sono venuti a mancare due famose figure del giornalismo italiano: Piero Ostellino e Luigi Necco. Due grandi firme, due persone, due personaggi molto conosciuti e apprezzati dal pubblico dei giornali e della TV.
Queste brevi biografie, che di seguito pubblichiamo, vogliono rivolgere un pensiero ai due giornalisti scomparsi ed esprimere il cordoglio della nostra Unione alle famiglie e ai loro cari.
Piero Ostellino
(Venezia, 9 ottobre 1935 – Milano, 10 marzo 2018)
Studi diplomatici al servizio del giornalismo
Laureato in Scienze politiche presso l’Università di Torino, Piero Ostellino si è specializzato in sistemi politici dei paesi comunisti. Ha fondato nel 1963 a Torino il “Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi” e, nel 1964, la rivista “Biblioteca della Libertà” che ha diretto fino al 1970. Del Centro Einaudi è poi divenuto presidente onorario. Ha diretto dal 1990 al 1995 l’ “Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI)” di Milano, ed è stato membro del Comitato scientifico dell’Università della Carolina del Nord. È stato inoltre autore di numerosi saggi di carattere storico e politico.
Dal 1967 al gennaio 2015 è stato la ‘penna di punta’ del Corriere della Sera, quotidiano nel quale ha ricoperto diversi incarichi: è stato corrispondente da Mosca dal 1973 al 1978, e da Pechino dal 1979 al 1980; inviato speciale, fino a diventarne Direttore responsabile dal 1984 al 1987. Infine E’ stato, infine, editorialista e titolare della rubrica settimanale “Il dubbio”, in cui ha evidenziato le contraddizioni della politica italiana da Tangentopoli ai giorni nostri. Dal febbraio 2015 fino alla scomparsa, ha scritto su il Giornale.
Nel suo ultimo libro, “Lo stato canaglia” (Rizzoli 2009), Ostellino ha analizzato gli effetti venefici dell’intreccio tra politica ed economia e sul ruolo crescente e ingombrante in campo politico della magistratura
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Luigi Necco
(Napoli, 8 maggio 1934 – Napoli, 13 marzo 2018)
Un archeologo prestato al calcio
Mentre è ancora studente in Istituzioni dell’Europa orientale all’ Università di Napoli, Necco scrive già sul Corriere di Napoli. Successivamente entra alla RAI regionale, dove legge il giornale radio. Poi passa alla televisione.
“Scusa Ameri, il Napoli in vantaggio…”, quante volte abbiamo sentito questa frase, con la voce e la cadenza tipica di Luigi Necco. Per quindici anni (dal 1978 al 1993), appunto, è stato telecronista sportivo nella seguitissima trasmissione sportiva “90º minuto”. Lui coniò il soprannome di Maradona: “La mano de Dios”, dopo un suo goal di mano all’Inghilterra nei mondiali del 1986.
Dopo 90º Minuto, pur collaborando ancora con Rai e Mediaset, Necco tornò alla sua passione giovanile: l’archeologia. Dal 1993 al 1997 ideò e condusse una rubrica dal titolo “L’occhio del faraone” per la quale realizzò documentari e servizi sull’archeologia nell’area Mediterranea, dalla Grecia alla Giordania, dall’Egitto all’Iraq, da Pompei alla Turchia.
Per moltissimi anni, si è dedicato alla ricerca del tesoro di Priamo che Schliemann aveva trovato a Troia nel 1873 e che ufficialmente i tedeschi davano per distrutto nei bombardamenti di Berlino del 1945. Necco riuscì nel suo scopo, individuando il nascondiglio del tesoro, che è stato finalmente esposto il 16 aprile 1996 nel Museo Puškin delle belle arti di Mosca.
Il 29 novembre 1981 il giornalista venne gambizzato in un ristorante di Avellino per mano di tre uomini inviati da Vincenzo Casillo, luogotenente di Raffaele Cutolo, capo incontrastato della Nuova Camorra Organizzata, a causa di alcune rivelazioni, – durante la trasmissione 90º minuto – sui rapporti tra Antonio Sibilia, allora presidente dell’Avellino Calcio, e il boss Cutolo.
(Foto: Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini a Napoli, dove si è svolto il funerale di Luigi Necco – da wikipedia.org – pubblico dominio)
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