L’AGCOM ha richiesto informazioni al gigante del web e Soro (Garante privacy) avverte: “Così è a rischio la libertà di scelta e la natura stessa delle democrazie moderne”.
Dopo lo scandalo che sta travolgendo Facebook e la web agency londinese Cambridge Analytica sull’abuso di dati ottenuti di diverse decine di milioni di utenti che sfruttava in modo improprio e per fini elettorali, anche l’AGCOM e il Garante della Privacy prendono provvedimenti.
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha inviato a Facebook una specifica richiesta di informazioni circa l’impiego di ‘big data’ in suo possesso per finalità di comunicazione politica da parte di soggetti terzi.
In un comunicato stampa, datato 20 marzo 2018, la stessa Authority specifica che: «A seguito della recente diffusione di notizie relative all’attività svolta dalla società Cambridge Analytica, cui ha fatto seguito l’indagine dell’autorità indipendente britannica ICO (Information Commissioner’s Officer) relativa ai rapporti tra partiti politici, “data companies” e piattaforme online per la profilazione degli utenti e la personalizzazione dei messaggi elettorali, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha inviato a Facebook una specifica richiesta di informazioni circa l’impiego di data analytics per finalità di comunicazione politica da parte di soggetti terzi».
«In particolare – prosegue l’AGCOM – dal comunicato del 19 marzo pubblicato da Facebook, è emerso che la società mette a disposizione degli utenti applicazioni sviluppate da soggetti diversi dalla piattaforma. Queste app permettono la raccolta di dati degli utenti tali da consentire la realizzazione di campagne mirate di comunicazione pubblicitaria a carattere politico-elettorale, in grado cioè di raggiungere audience profilate in base alle caratteristiche psico-sociali e di orientamento politico. Tali tecniche di profilazione degli utenti e di comunicazione elettorale “selettiva”, peraltro, sembrerebbero essere state utilizzate nel 2012 anche su commissione di soggetti politici operanti in Italia».
«Nell’ambito del Tavolo tecnico istituito dall’Autorità con la delibera n.423/17/CONS – continua il comunicato – è stato sviluppato un filone specifico di attività riguardante il monitoraggio sulla parità di accesso all’informazione e la comunicazione politica per le elezioni del 4 marzo (per cui l’Autorità ha adottato specifiche linee guida) e l’istituzione di gruppi di lavoro sulla tematica dell’utilizzo di dati e informazioni per finalità di comunicazione politica. Con una precedente comunicazione, sono state già richieste informazioni circa l’acquisizione di dati relativi a servizi e strumenti messi a disposizione da Facebook, sia per gli utenti sia per i soggetti politici, durante la campagna elettorale italiana per le scorse elezioni politiche 2018. Questa seconda richiesta – conclude l’Autorità – si inserisce pertanto in continuità con le iniziative intraprese».
Per le proprie competenze, è intervenuto nel dibattito anche Antonello Soro, Presidente dell’ Autorità Garante per la protezione dei dati personali, con una intervista rilasciata a Francesco Pacifico, de “Il Mattino” di Napoli e integralmente riproposta sul sito del Garante privacy (Doc.Web 8053813).
Ecco il suo pensiero: «Con il potere informativo che converge verso un solo destinatario – ha avvertito Soro, riferendosi a Facebook e ai similari possessori di big data – si sta creando una nuova geografia dei poteri, che tende a cambiare la natura delle democrazie moderne. E’ un processo ineluttabile: attraverso la sempre maggiore conoscenza delle nostre propensioni, questi soggetti sono in grado di consigliarci sia il prodotto da comprare sia il partito da votare».
«Di indizi ce n’erano tanti, – ha ricordato il Garante – ma adesso è chiara la sproporzione in termini di condizionamento di alcuni soggetti, attraverso la loro capacità di conoscere e raccogliere informazioni, notizie, suggerimenti su di noi mediante le piattaforme digitali. Facebook potrebbe condizionare due miliardi di propri utenti e finire per indirizzare l’intera umanità».
Le media company raccolgono i dati personali degli utenti che hanno scaricato le loro ‘app’ ma, secondo Soro, c’è di più:«Abbiamo 270mila persone, le quali hanno acconsentito a scaricare un’app, che a sua volta non ha soltanto accesso ai loro profili, ma riesce anche a estrapolare informazioni su altri 50 milioni di utenti, inconsapevoli della cosa. Questa è una parte, importante, del fenomeno: la raccolta dei dati è in mano a Facebook e a cinque o sei grandissime compagnie digitali. Dati che vengono conservati nei loro server, analizzati con calcolatori giganteschi indisponibili ai comuni utilizzatori».
E qui, conclude il Garante della privacy, il problema diviene essenzialmente politico e di tutela della democrazia: «Nel gioco democratico il voto dei cittadini traduce in una scelta elettorale lo stato di consapevolezza, che si ha in quel momento, del mondo in cui vive. E se questa scelta è figlia di una lettura quotidiana e completa della realtà, allora possiamo parlare di libertà. Se invece è figlia di un meccanismo di conoscenza passiva, parziale, settoriale, con una spinta a farci sapere solo quello che è più vicino alle nostre aspettative, allora il percorso elettorale è diverso da quello che dovrebbe esprimere una democrazia compiuta».
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