La Corte di Cassazione si pronuncia nuovamente sul reato di diffamazione a mezzo stampa: è necessaria una riflessione sulla “diffamazione in genere, anche quella non effettuata a mezzo stampa”. Per coloro che scrivono su siti o blog non deve scattare la reclusione ma si deve applicare la pena pecuniaria, già da adesso.
In ogni caso si sta aspettando che il Parlamento, entro giugno, metta mano alla riforma della diffamazione a mezzo stampa, seguendo i principi fissati dalla Corte di Strasburgo per cui il carcere deve essere limitato ai casi “connotati da eccezionale gravità” – per “istigazione alla violenza” o diffusione di “messaggi di odio”.
La Cassazione, quindi, con la sentenza n. 13060 depositata nella giornata odierna, ma relativa all’udienza del 25 gennaio scorso, ha stabilito che qualora il giudice dovesse optare per il carcere in merito a una condanna per diffamazione a mezzo stampa, scartando quella che deve essere la prima opzione, ossia la pena pecuniaria, allora ha “l’obbligo di indicare le ragioni che lo inducano ad infliggere la pena detentiva”. Ecco perché la Suprema Corte avverte che “la scelta di applicare la pena detentiva deve essere, quanto meno, esteriorizzata nelle sue direttrici portanti che ne consentano di apprezzare la ragionevolezza”.
Infine, il diritto all’informazione dei cittadini è “assicurato dal pluralismo delle fonti informative” – tra le quali rientrano anche le pubblicazioni sul web – nella cornice del più generale diritto alla libertà di stampa quale “irrinunciabile presidio per l’attuazione di un sistema democratico”.