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Deepfake e fact-checking, pericoli e probabili soluzioni sul web

Deepfake è il nome della tecnica, che spopola in rete, grazie alla quale è possibile realizzare filmati fake dove i soggetti, mai ripresi in realtà, pronunciano qualsiasi cosa si indichi al computer di riprodurre. Questo tipo di programma sfrutta l’intelligenza artificiale di alcuni software capaci di produrre video talmente realistici da essere spesso difficilmente individuabili come falsi. Una semplice serie di fotografie può essere trasformata in un video perfettamente identico all’originale. Esiste addirittura un manuale di istruzioni per la creazione di questi video bufala che spopolano sul web.

Alcuni ricercatori dell’Università Federico II di Napoli, come si apprende dal servizio mandato in onda domenica 27 ottobre dalle Iene, stanno lavorando ad un programma che è in grado di riconoscere i deepfake per poi poterli rimuovere dal web.

Il numero di deepfake nell’ultimo anno è quasi raddoppiato: si è passati dai 7mila video del 2018 agli oltre 14mila del 2019, il 96% dei quali è di tipo pornografico. È fondamentale conoscere questo fenomeno in modo da arrivare pronti ai rischi.
I deepfake sono una terribile evoluzione delle “semplici” fake news, il rischio di disinformazione aumenta pericolosamente senza contare come tutto ciò sia, inoltre, una minaccia seria al nostro sistema democratico ma soprattutto alla nostra privacy.

Lo stesso Mark Zuckerberg, durante una seduta al Congresso americano, ha osservato come i deepfake siano fra le “minacce emergenti” con cui Facebook si trova a fare i conti anche in vista delle elezioni americane del 2020. Era stata proprio la Camera americana a lanciare l’allarme sui “deepfake video”: gli stessi vertici dell’Intelligence USA, già nei mesi scorsi, avevano segnalato la possibilità di utilizzare la tecnologica AI per sviluppare e diffondere questi video falsi per seminare discordia e dubbi.

Invece, per quanto riguarda la pubblicità politica che avviene incessantemente sui social network -Facebook in primis-, l’inefficienza delle politiche di controllo, il cosiddetto fact-checking, è stata confermata dallo stesso Zuckerberg il quale ha ribadito che la piattaforma non effettuerà alcun tipo di supervisione. Con il termine fact-checking si intendono tutte quelle azioni finalizzate a verificare la veridicità e l’accuratezza di informazioni, affermazioni, dati. L’obiettivo macroscopico è evitare, o smascherare, condizioni di disinformazione o misinformazione.
Nelle ultime settimane Facebook era infatti stata accusata di non fare abbastanza per fermare i messaggi politici falsi sulla sua piattaforma.

“Se un annuncio pubblicato da un politico potrebbe diventare una fonte di pericolo per altre persone, esso sarebbe escluso dalla piattaforma”, con queste parole il CTO (Chief Technology Officier) del social, Mike Schroepfer, qualche giorno fa aveva chiarito la posizione di Facebook: nessun fact-checking, l’unica cosa che il social sanzionerà è l’incitamento alla violenza.

Irene Vitale

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