L’utilizzo dei dati personali degli utenti sulle principali piattaforme online è un tema particolarmente dibattuto al momento. Ma, in realtà, in Ue così come nei singoli Stati, le discordie sono iniziate già tempo fa.
È il caso della Federazione delle organizzazioni dei consumatori tedesche, che quasi un decennio fa aveva fatto causa a Facebook (ora Meta) per violazione della protezione dei dati.
Il colosso social, che avrebbe all’epoca gestito male i dati dei consumatori tedeschi tramite i giochi sulla sua piattaforma, aveva rigettato le accuse. Ma non solo. Aveva interpretato il GDPR, spiegando che la nuova applicazione dell’Ue in materia di protezione dei dati, significava che le organizzazioni dei consumatori non potevano più perseguire direttamente le violazioni del codice.
Ma interviene la Corte di giustizia europea a confermare che il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati non impedisce alle associazioni dei consumatori di intentare un’azione legale contro le violazioni della protezione dei dati.
Nella loro sentenza, i giudici di Lussemburgo hanno respinto le argomentazioni di Meta affermando che i Paesi membri dell’Ue “hanno anche la possibilità” di consentire un’azione legale rappresentativa mirata alle violazioni del GDPR.
La Corte ha aggiunto che l’obiettivo del Regolamento è “garantire un livello elevato di protezione dei dati personali” e che la sua interpretazione in questo caso era in linea con questo obiettivo.
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