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Crimi: il contributo pubblico alla stampa, oggi e domani

Eliminare le anomalie, considerare le piccole realtà locali e le iniziative editoriali digitali, spostare le provvidenze dagli editori ai cittadini.
Le edicole come servizi per la PA, riforma dell’Ordine dei giornalisti e tutela della professione. Bene il “bonus pubblicità”.

Il 26 luglio scorso, il Sen. Vito Claudio Crimi, Sottosegretario con delega all’editoria, ha presentato la “Dichiarazione programmatica” del governo sui temi dell’editoria e dell’informazione, presso la VII Commissione Cultura Scienze e Istruzione della Camera dei deputati.

Molti gli argomenti trattati dal Sottosegretario: da un organico intervento sull’intero sistema del sostegno pubblico, diretto ed indiretto, allo sviluppo dell’editoria “pura”; dal sistema dei tetti della raccolta pubblicitaria e alla trasparenza degli inserzionisti, al credito d’imposta sulla pubblicità incrementale; ed, inoltre, dal sistema edicole, al diritto d’autore in sede europea, alla riforma dell’Ordine, alla tutela della professione giornalistica.

Il video (dal profilo facebook.com/vitoclaudiocrimi).

Riportiamo il testo integrale dell’intervento del Sen. Crimi, suddividendolo per argomenti trattati:

«Onorevoli,
il Governo di cui faccio parte è stato qualificato come “il Governo del cambiamento” per sottolineare il sostanziale mutamento del paradigma politico e culturale che lo caratterizza nell’affrontare le questioni più rilevanti del nostro paese. Tutta la nostra azione è, infatti, volta al recupero di una nuova coesione sociale ed è intesa ad aggredire le profonde diseguaglianze che la globalizzazione, prima, e la profonda crisi economica, poi, hanno generato nel tessuto socio economico».

Il cambiamento
«La delega che mi è stata conferita, quella all’editoria, pur non interferendo con alcuno dei punti del contratto di Governo, è tuttavia strettamente intrecciata ai temi del cambiamento. Il settore dell’editoria appartiene invero a quegli ambiti in cui la combinazione della congiuntura economica e quella della trasformazione tecnologica hanno provocato problematiche complesse in cui più evidente risulta il contrasto tra l’era analogica che abbiamo alle spalle e quella digitale che il futuro ci riserva.
L’editoria, dunque, è investita da una costante e rapida trasformazione che interessa le forme di fruizione delle notizie, i modelli di business, le modalità di generazione ed elaborazione dell’offerta del prodotto informativo e, in ultima analisi, anche la natura stessa della professione giornalistica».

Il sostegno pubblico diretto e l’azione di Governo
«È noto che il Movimento cui appartengo da sempre ha posto una grande attenzione ai temi del sostegno pubblico, diretto ed indiretto al settore dell’editoria. Con grande impegno politico e comunicativo, il Movimento 5 stelle ha ripetutamente evidenziato come il sostegno al sistema editoriale debba essere sostituito da forme di promozione di iniziative editoriali ispirate ai nuovi contesti digitali, a modelli di business più sostenibili ed aperti all’innovazione ed ai contributi dei cittadini.
Questa ben nota posizione, peraltro espressa sin dagli albori della nostra azione politica, non deve essere intesa in contrasto con l’affermarsi di un’informazione plurale, effettivamente libera, professionale ed autorevole, in quanto tali elementi costituiscono un valore pubblico fondante della convivenza democratica.

Al contrario, l’obiettivo dell’azione di Governo che intendo svolgere nei prossimi mesi sarà volta a preservare i valori della libera informazione anche attraverso un compiuto ed organico intervento sull’intero sistema del sostegno pubblico diretto ed indiretto all’editoria.
Mi è ben noto che gli ultimi interventi normativi in materia, a partire dalla legge n. 103 del 2012 e fino alla più recente legge n. 198 del 2016, hanno perseguito, anche grazie alla spinta operata dalle forze di opposizione, l’obiettivo di una maggiore trasparenza e maggiore rigidità di requisiti per l’erogazione dei contributi di cui beneficiano quotidiani e periodici costituiti da cooperative di giornalisti ovvero appartenenti ad enti no-profit».

Il perdurare di alcune anomalie
«Non disconosco che il risultato è stato quello di ridurre il peso per i contribuenti di tale sostegno pubblico (ora l’Italia, con i suoi 43 euro per abitante, si colloca in una posizione lontana ad esempio dalla Francia dove la spesa ammonta a 64 euro per abitante), ma non posso non rilevare che anche dopo questi interventi normativi perdurano ancora alcune anomalie. Basti pensare che sull’intero ammontare della contribuzione diretta, che a valori 2016 si attestava intorno ai 63 milioni, solo cinque quotidiani nazionali (Avvenire, Libero, Italia Oggi, Il Manifesto ed il Foglio) assorbono circa il 31% dell’intero stanziamento, creando un’asimmetria concorrenziale obiettiva con altri quotidiani nazionali che, in ragione del loro assetto societario, non possono accedere della contribuzione diretta».

I piccoli quotidiani e periodici locali
«Al netto di queste singolarità, devo peraltro sottolineare, per onestà intellettuale, che beneficiano della contribuzione diretta prevalentemente piccoli quotidiani e periodici fortemente radicati nelle diverse realtà territoriali del nostro paese. Si tratta di aziende comunque vitali e presenti nei mercati di rispettivo riferimento, le copie vendute da queste aziende su base annua sono oltre 95.000.000 (dati elaborati sulla base delle dichiarazioni certificate dalle società di revisione in sede di richiesta di contributo), che, a fronte di un contributo relativamente modesto, offrono una informazione professionale che coinvolge significative fasce di popolazione, impiegando oltre 1600 fra giornalisti e poligrafici regolarmente assunti e retribuiti sulla base dei vigenti CCNNLL.
L’intervento organico che intendo promuovere, con il consenso di tutto il Governo, cercherà di tenere conto di questo network costituito dalle piccole realtà editoriali che promuovono l’informazione professionale sul territorio, senza tuttavia sottrarle all’esigenza di assecondare l’onda lunga dell’innovazione».

La dinamica storica
«Non vi nascondo che la dinamica storica della contribuzione pubblica, come evidenziato nel grafico seguente che il Dipartimento dell’editoria ha elaborato costituisce testimonianza obiettiva del fatto che i “fasti” del passato sono ormai un mero ricordo.

Anche grazie al costante impegno moralizzatore del Movimento 5 stelle sono difatti scomparsi i finanziamenti ai fogli di partito ed a quelli specializzati.
L’accesso alla contribuzione è ora soggetto a griglie più rigide, sia per quanto attiene ai vincoli contrattuali per i giornalisti, che devono essere tutti assunti a tempo indeterminato, sia per quel che concerne il rapporto tra copie diffuse e copie effettivamente vendute. Ma questo intervento, volto a sostenere l’offerta di informazione, non ci appare ancora sufficiente poiché mira a sostenere singole aziende editoriali ma non si propone, a mio avviso, come efficace strumento per traghettare il sistema della carta stampata verso i nuovi orizzonti dell’informazione digitalizzata e condivisa.

Come è riportato in uno degli studi disponibili sul tema del supporto pubblico ai media condotto dal Reuters Institute for the study of journalism per conto dell’ Oxford University (“Public Support for the Media. A six country overview of direct and indirect subsides”), nella prima decade del ventunesimo secolo quasi tutti i paesi di democrazia matura hanno cercato in vario modo di affrontare le tumultuose trasformazioni che hanno inciso sulla capacità del giornalismo indipendente di produrre informazione per i cittadini: i governi infatti, in molti paesi occidentali hanno commissionato delle analisi sulle politiche dell’informazione (Digital Britain pubblicato nel 2009 dall’allora governo laburista; La Gouvernance des aides publiques à la presse pubblicato nel 2010 da due ministeri francesi; Information Needs of Communities pubblicato nel 2011 dalla Commissione Federale statunitense per le comunicazioni) ».

Un’editoria indipendente
«Resta però il problema di fondo, che cercheremo di affrontare, che è quello di definire le direttrici di questo radicale cambiamento per creare le condizioni affinché si possa sviluppare nel sistema italiano una editoria indipendente, favorendo quelle attività editoriali che ottemperano a particolari oneri di trasparenza quanto ai loro collegamenti verso settori industriali estranei a quello dell’informazione pura.

In tal senso, un primo obiettivo potrebbe essere quello di introdurre l’obbligo per le testate registrate presso l’AGCOM di indicare con chiarezza l’assetto proprietario completo».

Le diverse forme  di sostegno indiretto
«Ma non c’è solo la contribuzione diretta ad incidere sul sistema editoria, esistono forme diverse di sostegno indiretto quali: iva agevolata, rimborsi per spese telefoniche, rimborsi per spese postali agevolate, obbligo per le pubbliche amministrazioni di pubblicare avvisi di gara e aggiudicazioni sui quotidiani.
E ancora esistono convenzioni o acquisizione di prodotti da parte di enti pubblici a vari livelli, forme di contribuzione diretta o indiretta deliberate dalle Regioni nell’ambito delle proprie competenze.

Questa pluralità di elementi a sostegno dell’editoria afferiscono a diversi ministeri e/o dipartimenti e/o comparti, creando una difficoltà a reperire informazioni certe su quanto incidono, nell’ambito di ciascun prodotto editoriale, i contributi pubblici.

C’è da dire che l’insieme di tutti questi contributi pubblici, la cui cifra complessiva non è indifferente e supera di gran lunga quanto investito in altri settori industriali, non è stata proficuamente utilizzata dagli operatori per un corretto accompagnamento verso le nuove frontiere dell’innovazione.
Ogni cambiamento tecnologico epocale porta con se una crisi del sistema previgente, e perché il cambiamento avvenga senza lasciare “feriti sul campo” gli stati intervengono per garantire un processo di trasformazione il più possibile indolore. Ma gli attori devono essere in grado di utilizzare questo sostegno per governare questa trasformazione. Purtroppo ciò non è accaduto, sta accadendo ora, ma molto in ritardo».

Aula della Commissione Cultura della Camera

Privilegiare la domanda anziché l’offerta
«Sull’insieme di strumenti a sostegno dell’editoria bisogna fare una riflessione complessiva, una riorganizzazione che consenta la centralizzazione della loro gestione affinché sia facilmente verificabile, con massima trasparenza, la reale incidenza nei bilanci delle aziende.
E’ comunque mia intenzione proporre a codesta Commissione parlamentare e alla analoga in Senato, una riflessione sul trasferimento del contributo dall’editore al sistema editoria, nel suo complesso, privilegiando la domanda anziché l’offerta, immaginando interventi volti a sostenere la ricerca di informazione di qualità (permettetemi di spiegare meglio il concetto di qualità più avanti). Spostare i contributi dal sostegno diretto agli editori, al cittadino che decide di acquistare un abbonamento ad un quotidiano.

E’ possibile modulare tale intervento, individuando un target di fruitori/utilizzatori (giovani, studenti, anziani) oppure un target di prodotti editoriali (ad esempio quelli che soddisfano i già rigidi requisiti per l’accesso alla contribuzione diretta) e nelle modalità (sconto applicato dall’editore, contributo diretto, voucher, detrazione d’imposta).
Un meccanismo che produca cultura dell’informazione di qualità, che faccia rinascere la voglia di informarsi attraverso gli strumenti che fanno informazione di qualità».

L’informazione di qualità e il contrasto alle fake news
«Tornando sul concetto di qualità. Definire l’informazione di qualità non è un compito facile e si rischia di infilarsi in meccanismi di valutazione soggettiva.
Quando mi riferisco, quindi, ad informazione di qualità, intendo quell’informazione che per sua natura dovrebbe essere verificata e indipendente, quel prodotto editoriale che ha quindi un direttore responsabile, un editore, e quindi una linea ben definita di responsabilità che rispondano della eventuale diffusione di informazioni non veritiere, non verificate o diffamanti.

L’obiezione che mi può essere fatta è sicuramente quella che in rete tutto è concesso e non c’è un modo per definire ciò che è informazioni di qualità e girano informazioni spesso false. E’ vero, accade, ma non è diverso da quello che accade nel mondo reale, si tratta delle bufale, frottole, oggi le chiamiamo fake news, ma sono sempre esistite. Come ci si difende? Non ci si difende sicuramente mettendo il bavaglio alla rete, non ci si difende cercando di arginare lo tsunami dell’innovazione con un secchiello bucato, ma creando cultura, educando i nostri ragazzi ad un approccio critico al messaggio che sia veicolato attraverso gli organi di stampa tradizionali, attraverso i social, la rete nella sua interezza, i servizi di messaggistica istantanea. In questo ambito la scuola deve rivestire un ruolo essenziale e rivolgo a voi l’invito a riflettere al più presto possibile, su come intervenire affinché i nostri ragazzi siano preparati a saper interpretare in modo corretto i mille stimoli informativi che ricevono quotidianamente».

La perdita di peso economico
«Tornando al sistema editoria. E’ evidente che la riflessione che dovrà essere svolta, con il sostegno di tutti gli attori della filiera dell’editoria, è quello di trovare strumenti per contrastare la perdurante perdita di peso economico del settore editoriale nel suo complesso (nell’ultimo decennio il calo dei ricavi complessivi si attesta intorno al 50%), decrescita che mette in gioco un comparto che produce un bene di valore strategico e sociale cruciale per il buon funzionamento del sistema democratico e che vale circa 4 miliardi di fatturato all’anno».

La raccolta pubblicitaria e il bonus pubblicità
«Le inserzioni pubblicitarie sono la principale fonte di introito per la maggior parte delle testate, e in questa direzione si muove il regolamento, appena pubblicato, che avvia il credito d’imposta per le aziende che incrementano le proprie inserzioni pubblicitarie, un sistema che privilegia le piccole aziende locali e le startup e le testate locali.

In questo senso va rivisto anche il sistema dei tetti della raccolta pubblicitaria, ma anche la trasparenza degli inserzionisti. E’ innegabile che a volte alcuni inserzionisti svolgono un ruolo essenziale nelle fonti di finanziamento di un prodotto editoriale, attribuendo agli stessi inserzionisti una facoltà, indiretta, di controllo sulla testata, con la semplice minaccia di far venir meno il proprio apporto finanziario. Ancor più grave quando a esercitare questo potere indiretto sono aziende di Stato».

Palazzo Montecitorio (Foto da wikipedia.org, Autore Manfred Heyde – licenza CC BY-SA 3.0)

Il sistema edicole
«Non dimentichiamo, nel sistema, l’anello forse più debole della catena, il distributore finale, gli edicolanti. Una preziosa rete distribuita nel territorio, che ha dovuto sottostare agli obblighi derivanti da un mercato regolato, obblighi che ancora gravano su di essi ma che non rispondono più ad una logica conseguenza dell’esclusiva che hanno gradualmente perso.

Occorre ripensare ad una serie di interventi per valorizzare questa rete, spesso presente nei luoghi più reconditi, trasformandoli in punti di servizio, in luoghi di primo accesso da parte dei cittadini a servizi della Pubblica Amministrazione. E’ anche immaginabile un loro coinvolgimento in quel processo di formazione delle nuove generazioni al valore di una informazione di qualità con progetti che li vedano coinvolti insieme alle scuole nella formazione».

L’informazione primaria e le Agenzie stampa
«Altro elemento fondamentale del sistema editoria, peraltro di stretta pertinenza della mia delega, è quello dell’informazione primaria, vero e proprio “sistema nervoso” dell’informazione professionale. Come è noto il Dipartimento dell’informazione e dell’Editoria da lungo tempo svolge, sulla base di una legge del 1954 come interpretata in modo autentico dall’art. 55 della legge n. 449 del 1997, il ruolo di centrale di acquisto dei servizi di agenzia nell’interesse di tutte le pubbliche amministrazioni statali (centrali e periferiche) stanziando rilevanti risorse (più di 46 milioni di euro) per garantire una informazione primaria adeguata, affidabile e pluralista alla PA.

Di recente il tema dell’acquisizione di questi servizi è assurto anche gli onori della cronaca, perché per effetto del nuovo sistema di individuazione dei fornitori dei predetti servizi, non più attraverso procedure negoziate bilaterali, bensì attraverso procedure competitive di carattere europeo, talune agenzie nazionali hanno sopportato difficoltà operative che hanno inciso anche sui lavoratori.
Il sistema delle procedure negoziate presentava diversi inconvenienti, più volte ricordati anche dai miei predecessori proprio davanti a questa Commissione in analoga occasione (penso alla relazione del Sottosegretario pro-tempore on. Legnini), e non possiamo dimenticare che riduceva anche gli elementi di concorrenzialità e di efficienza dell’intero sistema.
Nel corso dell’ultimo biennio, pertanto, sono stati fatti passi in avanti importanti sulle modalità per selezionare i fornitori dei servizi: con l’entrata in vigore del Nuovo Codice degli appalti, a seguito di una complessa istruttoria effettuata anche con il coinvolgimento attivo dell’ANAC, il Dipartimento ha ritenuto di non dare continuità alle procedura negoziate ma ha provveduto a tale individuazione mediante procedure competitive.
Tuttavia la consapevolezza di dover contemperare l’esigenza di rispetto della normativa sugli appalti con quella di garantire un ragionevole grado di pluralismo (principio di diretta derivazione costituzionale) ha permesso di strutturare le gare in un numero elevato di lotti (15 complessivi).

L’idea di fondo alla base dell’impostazione adottata è stata la necessità di garantire il pluralismo delle fonti di informazione, ma nello stesso tempo rispettare i principi di economicità, imparzialità e parità di trattamento imposti dalla normativa europea e nazionale in materia di acquisizione di servizi da parte di soggetti pubblici. Non può dimenticarsi che si tratta di due ordini di principi di pari importanza, in quanto il primo è una diretta conseguenza di quanto sancito in tema di libertà di stampa dall’art. 21 Cost. e dall’art. 11.2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dall’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, mentre i secondi sono garantiti dai Trattati dell’Unione europea (art. 120 TFUE) e trasfusi nella Direttiva 2014/24/UE.

Le gare si sono svolte nel corso del 2017 e dopo le prime aggiudicazioni, poiché alcuni lotti erano rimasti non assegnati, sono stati emanati due ulteriori bandi pubblici per assicurare l’erogazione di tutti i servizi richiesti come risultanti dalla puntuale rilevazione dei fabbisogni svolta dal DIE presso le amministrazioni pubbliche utilizzatrici dei servizi.
Sono ad oggi in corso 14 contratti, inizialmente stipulati per una durata semestrale e successivamente rinnovati fino al 31 marzo 2019, e il contratto relativo al lotto aggiudicato con l’ultima procedura sarà formalizzato nei prossimi giorni.
L’impegno complessivo annuo è di circa 46,3 milioni di euro e, considerando che nel 2016, ultimo anno in cui i servizi sono stati acquisiti interamente con le procedure negoziate, l’impegno complessivo annuo è stato pari ad € 50,7 mln, si evidenzia una riduzione di spesa su base annua pari all’8,6%.

A ciò va aggiunto che sono state acquisite complessivamente 11.900 licenze per servizi rispondenti alle esigenze espresse dagli utilizzatori garantendo, in un orizzonte triennale, stabilità occupazionale a 941 giornalisti.

Il mio impegno per la legislatura sarà incentrato, mantenendo fermo l’obiettivo di garantire la qualità di una informazione primaria autorevole, indipendente e professionale, sulla verifica dell’adeguatezza dello strumento concorrenziale come idoneo mezzo di selezione in ragione della peculiare natura dei servizi di agenzia ovvero se sia opportuno, attraverso un eventuale intervento normativo, prefigurare un meccanismo mediante il quale le agenzie siano stimolate a porre in essere piani industriali basati in primis sullo sviluppo del digitale, in grado di accrescerne la capacità di stare sul mercato».

Il diritto d’autore
«Nel quadro delle funzioni a me delegate dal Presidente del Consiglio dei Ministri rientra anche la tutela del diritto d’autore.
Il quadro giuridico sul diritto d’autore è del resto centrale per la promozione della creatività, dell’innovazione e dell’accesso alla conoscenza e all’informazione. Nell’economia dell’informazione e della comunicazione digitale, il diritto d’autore è oggetto di una continua riflessione, originata dalle nascenti opportunità messe a disposizione dalla tecnologia e dai nuovi modelli con cui i contenuti digitali vengono distribuiti e fruiti, nell’ambito dei quali gli OTT (over the top) assumono un ruolo decisamente preponderante.

Sotto questo profilo, ben comprendo che la sfida che si pone è quella di trovare modalità e regole perché si individui il punto di equilibrio tra i diritti di libera espressione ed informazione resi possibili dall’accesso diffuso alla rete, che garantiscono ai cittadini il diritto a informarsi e la possibilità di fruire di un’offerta culturale differenziata, e l’esigenza di tutela dei legittimi diritti degli autori e produttori di contenuti che sono il frutto dell’ingegno e della creatività umana.

La sfida è di particolare rilevanza nel nostro Paese a ragione del peso dell’industria della cultura e della creatività, industria che nel 2015 ha registrato un valore economico complessivo di 47,9 miliardi di euro, pari al 2,96% del Pil nazionale, con un tasso di crescita rispetto all’anno precedente del 2,4% dei ricavi diretti. Si tratta del terzo settore in Italia per occupazione, con 880mila occupati diretti (+1,7% dal 2014) che salgono a oltre 1 milione se si considerano gli indiretti (dato dell’ultimo studio effettuato da “Italia Creativa” e realizzato da Ernst&Young con il supporto delle associazioni di categoria guidate da Mibact e Siae).
Senza contare un altro aspetto rappresentato dal fatto che il complessivo minore volume d’affari del comparto cultura e spettacolo accresce il divario tra grandi autori ed artisti capaci di ottenere un reddito soddisfacente dalla loro attività, ed artisti ed autori, più giovani e innovativi, che all’inizio della loro carriera sono i più di bisognosi di una tutela che ne garantisca la sopravvivenza».

La riforma europea del copyright
«Nell’ultimo mese ha suscitato grande interesse il tema della riforma europea del copyright, anche per le proteste dei colossi del web e delle piattaforme digitali che hanno scioperato – come nel caso di Wikipedia Italia – oscurando i propri contenuti, fino al giorno del voto del 5 luglio scorso, all’esito del quale la proposta di Direttiva europea sarebbe potuta passare ai negoziati tra Parlamento e Consiglio dei Ministri UE, avviandosi al via libera definitivo.
Come ben sappiamo, ciò non è accaduto, il Parlamento Europeo ha votato contro e la proposta di Direttiva sarà ora oggetto di un ripensamento a partire dal prossimo settembre.

Prima di entrare nello specifico dei due articoli del testo che presentano maggiore criticità (art. 11 e art. 13), è utile ripercorrere brevemente le tappe che hanno condotto la Commissione Europea a proporre questa nuova direttiva.
La strategia per il mercato unico digitale, adottata nel maggio del 2015, ha individuato la necessità di assorbire le differenze fra i diversi regimi nazionali del diritto d’autore ed aprire maggiormente agli utenti l’accesso online alle opere in tutta l’UE. Successivamente si è resa necessaria una visione più a lungo termine per l’aggiornamento delle norme UE in materia, considerata la generale difficoltà nell’attuazione di alcune eccezioni e limitazioni al diritto d’autore, nonché l’assenza di una loro efficacia transfrontaliera. La Commissione UE, quindi, dopo aver effettuato una serie di consultazioni pubbliche ed aver espletato studi giuridici ed economici sull’applicazione della direttiva e sugli effetti dell’adeguamento di alcune eccezioni e limitazioni, nel settembre 2016 ha presentato la proposta di direttiva in parola.

La proposta di Direttiva mira ad introdurre misure volte a migliorare la posizione dei titolari di diritti all’atto della negoziazione e della remunerazione per lo sfruttamento dei contenuti di loro proprietà da parte di servizi on-line, che danno accesso a contenuti caricati dagli utenti, nei segmenti della stampa e delle piattaforme web, che aggregano grandi quantità di contenuti caricati dagli utenti finali.
Il testo sottoposto all’esame del Parlamento Europeo prevedeva l’introduzione sia di un nuovo diritto a favore degli editori per ricevere remunerazione dai motori di ricerca che linkano i propri contenuti utilizzando uno snippet (art. 11), sia l’obbligo per gli intermediari della comunicazione di predisporre filtri per i contenuti immessi dagli utenti, al fine di eliminare quelli in violazione del copyright (art. 13).

Tra i diversi stakeholder, si sono dichiarati favorevoli le imprese che hanno sofferto maggiormente la “cannibalizzazione” dei propri contenuti on-line, quindi dagli editori ai produttori musicali, i quali sostengono rispettivamente che contrastare la pratica d’uso dei cosiddetti snippets eviterebbe la dispersione di traffico e di dirottare rilevanti introiti pubblicitari verso le grandi piattaforme. In sostanza si sostiene che l’introduzione di un filtro automatico agli upload proteggerebbe gli artisti dalla diffusione gratuita delle proprie opere, affrontando la tematica del cosiddetto value gap.

Ritengo, tuttavia, che non si possa prescindere dalla criticità oggettiva costituita dall’impatto che tali misure hanno sulla libertà della Rete, oggi spazio aperto anche per le realtà con meno visibilità, in quanto essa assicura, come mai prima d’ora, la circolazione libera di contenuti culturali e informativi fortemente differenziati che non deve incontrare ostacoli anche tecnicamente non gestibili da tutti gli operatori.
E’ da tenere, infine, presente che le regole poste in essere dalla proposta di direttiva potrebbero risultare in concreto inapplicabili in un mondo in continuo divenire. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’avvento della tecnologia della blockchain, la tecnologia che consente di tracciare la genesi e il percorso dei prodotti del Web, quale rivoluzione potrebbe apportare.

In questo ambito intendo, pertanto, seguire con la massima attenzione il successivo iter della Direttiva, al fine di favorire l’individuazione di misure alternative che, in un’ottica di lungo periodo e con una forte attenzione agli aspetti distintivi dell’industria italiana della cultura, permettano di perseguire l’obiettivo di una più equa ripartizione del valore nell’ambito della filiera dei prodotti oggetto di copyright».

Vito Crimi (foto da facebook)

La SIAE
«Sul tema del diritto d’autore non si può non parlare di SIAE. Di concerto con il Ministro per i Beni Culturali abbiamo deciso di adottare ogni iniziativa legislativa per rendere effettiva la liberalizzazione del sistema di gestione dei diritti d’autore. Non è una operazione semplice, ne siamo consapevoli, in quanto ci sono due elementi di criticità che possono essere superati ispirandosi anche a modelli già in uso in altri paesi.

Innanzitutto il sistema di vigilanza, che oggi è in carico a SIAE e che deve continuare ad essere garantito in modo capillare, è il sistema di collecting che deve semplificare e non complicare la vita degli operatori del settore, ai quali devono essere messi a disposizione strumenti o piattaforme in grado di superare l’eventuale difficoltà derivante da una eccessiva parcellizzazione del mercato. Parcellizzazione che non ci aspettiamo ma, a differenza di chi ci ha preceduto che invece dava tutto per scontato affidandosi a discutibili capacità predittive, riteniamo occorra essere in grado di prevenire anche le eventuali distorsioni che dovessero verificarsi».

La professione giornalistica
«Permettetemi di chiudere questo intervento con un particolare riferimento alla professione del giornalista.
Sull’Ordine dei giornalisti, ci siamo più volte espressi sulla sua effettiva utilità, sono in attesa dell’autoriforma, che è in corso di esame in seno all’ordine stesso, per valutarne gli effetti prima di intraprendere iniziative sul tema.
Ritengo comunque doveroso che si debba intervenire a tutela della professione del giornalista e per tale motivo sosterrò ogni iniziativa volta:
– a superare il precariato nel giornalismo;
– a tutelare le fonti;
– a tutelare il giornalista dalle cause per diffamazione di carattere intimidatorio».

(Foto in alto: Vito Crimi (foto da twitter/camera)

uspi

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