Creative Commons Italiano: liberiamo le immagini d’arte pubbliche

Appello comune agli Stati dell’Unione europea e agli istituti culturali per la liberalizzazione dell’uso delle immagini del patrimonio culturale in pubblico dominio.

L’emergenza Coronavirus ha contribuito notevolmente alla riscoperta della centralità della rete e del digitale nel comunicare al pubblico il patrimonio culturale. Proliferano in tutto il mondo iniziative di istituti culturali volte ad offrire libero accesso alle risorse digitali in rete per superare le distanze fisiche imposte dalle misure di contenimento del contagio

«Si tratta di esperienze di cui sarà fondamentale fare tesoro anche dopo la fine dell’emergenza, per rilanciare l’imprenditoria culturale, l’industria creativa, il turismo, nonché l’attività di studio e la ricerca scientifica», così ha scritto il Creative Commons Capitolo Italiano nell’Appello alla UE del 15 marzo scorso.

La richiesta di liberalizzazione dell’uso delle immagini del patrimonio culturale in pubblico dominio  mira ad assicurare la migliore attuazione dell’articolo 14 della direttiva EU/2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale.

La norma, secondo il Creative Commons Italiano, rappresenta un’occasione importante per agire in questa direzione, rimuovendo i diritti connessi sulle immagini riproducenti opere delle arti visive di pubblico dominio qualora «l’atto risultante dalla riproduzione non sia di per sé opera originale», dando quindi attuazione concreta a due principi fondamentali: «il patrimonio culturale in pubblico dominio è di tutti» e «la cultura può essere un volano per lo sviluppo economico».

La proposta in sintesi

Il libero riuso dell’immagine si rivela uno straordinario strumento di innovazione, in quanto favorisce l’editoria culturale (e quindi anche la ricerca scientifica), l’industria creativa e offre nuovi stimoli al settore della moda e del design. Può inoltre giocare un ruolo importante nell’ambito del restyling grafico degli interni di infrastrutture, mezzi e aree pubbliche migliorando le condizioni di decoro urbano, nonché può dare impulso all’imprenditoria turistica nelle realtà meno visitate e alle più diverse forme di iniziativa economica.

Questi principi hanno ispirato un numero crescente di istituti culturali in tutto il mondo, come la Library of Congress o la New York Public Library, il Getty Research Institute, il Rijksmuseum, la Biblioteca Nazionale di Spagna, il Museo Nazionale di Stoccolma e la Galleria Nazionale di Danimarca (che ha adottato lo slogan: It’s your cultural heritage. Use it!), i quali hanno scelto di rendere scaricabili dai propri siti web le immagini ad altissima risoluzione delle opere in pubblico dominio contenute nelle collezioni per incentivare il libero riutilizzo dell’immagine per qualsiasi fine, anche commerciale.

In molti casi, fa notare Il Capitolo italiano di Creative Commons (CC), si riscontra che le entrate provenienti dalla vendita delle immagini o dai canoni applicati sul riuso commerciale delle stesse, siano irrisorie se non addirittura inferiori alle spese di gestione dell’e-commerce o del meccanismo concessorio.

Per contro, gli istituti che adottano un approccio aperto godono di importanti benefici in termini di marketing, di maggiore afflusso di turisti e, in generale, di maggiore capacità di attrarre finanziamenti pubblici e privati.

Infine, la libera circolazione di immagini, anche per scopi commerciali, può agevolare la creazione di lavoro e redditi in un’economia circolare che, a sua volta, si traduce in maggiori introiti nelle casse dello Stato nell’ambito della fiscalità generale.

L’Appello

«Alla luce di queste premesse e della necessità di rilanciare i settori della ricerca, del turismo e dell’industria creativa piegati oggi dall’emergenza Covid,  – si legge nel testo – rivolgiamo questo appello agli Stati membri affinché recepiscano il principio enucleato dall’articolo 14 nel modo più ampio ed armonizzato possibile, favorendo l’adozione generalizzata da parte degli istituti culturali delle  licenze aperte per il libero riuso, per qualsiasi scopo, delle immagini del patrimonio»

«In particolare, – sottolinea l’appello – nel caso di riproduzione fedele di opere delle arti visive che sono riconosciute in pubblico dominio in tutto il mondo, incoraggiamo gli istituti culturali ad applicare lo strumento del Public Domain Mark (PDM) o, in alternativa, CC0 se ci sono dubbi sul fatto che la riproduzione sia ancora soggetta a copyright in qualche Stato; mentre, nel caso di riproduzione originale di opere delle arti visive in pubblico dominio, sollecitiamo i predetti istituti, qualora titolari dei diritti d’autore, ad adottare lo strumento CC0».

«Da ultimo, – conclude l’appello – qualora i suddetti istituti non siano i titolari dei diritti sulla riproduzione creativa, riteniamo fondamentale che essi si adoperino, attraverso l’adozione di specifici accordi con i titolari stessi, per il rilascio delle riproduzioni con CC0».

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