Trump attacca la Global Minimum Tax e fa l’occhiolino alle Big Tech

Nuova decisione degli USA di uscire dagli accordi OCSE riguardanti la Global Minimum Tax (GMT). Con la reale possibilità di intaccare le economie degli altri Stati – e soprattutto quelli europei – Donald Trump ritira il suo Paese dal modello impositivo che regola la tassazione delle multinazionali

La GMT dell’Ocse

L’imposta dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) mira a regolare e contrastare l’elusione fiscale delle multinazionali. Stabilita dal Secondo Pilastro del progetto e sottoscritta da oltre 130 Paesi, stabilisce una tassazione fissa per tutte quelle grandi aziende che superano i 750 milioni di euro di fatturato

Per garantire una quota equa fissa ed evitare la competizione al ribasso della tassazione tra Stati, l’OCSE ha deciso di imporre una tassa del 15% a prescindere dal luogo in cui operano le multinazionali. In questo modo si previene il trasferimento di utili di grandi imprese in Stati a tassazione molto ridotta o nulla. 

Nell’accordo rientrano molti colossi mondiali quali Cina, India e Russia, ma non più gli Stati Uniti. Solo questi Paesi insieme rappresentano il 90% del PIL mondiale: con l’uscita e il conseguente svincolamento dagli accordi dell’America gli equilibri potrebbero cambiare. 

Trump pro-multinazionali

Il ritiro degli USA è un colpo grave per l’OCSE considerando che la maggior parte delle grandi multinazionali tecnologiche sono americane, a partire dalle Big Tech come Google, Meta, Amazon, Apple e Netflix.

Nel memorandum pubblicato sul sito della Casa Bianca, si legge che la sovranità e la competitività economica della Nazione viene così “riconquistata” e che “la Global Minimum Tax non ha forza o effetto negli Stati Uniti”.

Secondo l’amministrazione Trump, l’accordo OCSE  “sostenuto dalla precedente amministrazione, non solo consente una giurisdizione extraterritoriale sui redditi statunitensi, ma limita anche la capacità della nostra Nazione di adottare politiche fiscali che tutelino gli interessi delle imprese e dei lavoratori americani. A causa di questo accordo e di altre pratiche fiscali discriminatorie adottate da paesi stranieri, le aziende statunitensi potrebbero essere soggette a regimi fiscali internazionali di ritorsione se gli Stati Uniti non si conformano agli obiettivi di politica fiscale straniera”. 

Articolo di T.S.