INPGI, anticipato al 31 ottobre il termine per evitare il commissariamento

Anche il Senato approva, con voto di fiducia, la conversione del “decreto legge crescita”. È stato anticipato il termine per evitare il commissariamento dell’INPGI, creando confusione e incertezza.

Via libera del Parlamento alla conversione del “decreto legge crescita”, che tra i molti provvedimenti comprende anche le norme note come “salva-INPGI“.

Dopo il via libera della Camera, avvenuto nei giorni scorsi con voto di fiducia, anche il Senato ha confermato, sempre con il ricorso da parte del governo alla fiducia, il testo del provvedimento arrivato da Montecitorio. L’aula di Palazzo Madama ha approvato il dl e l’appoggio all’esecutivo con 158 sì, 104 no e 15 astenuti. Si sono espressi a favore maggioranza M5S e Lega; contro Autonomie, Leu, Pd e Forza Italia; astenuti Fratelli d’Italia.

Il decreto con le norme salva-INPGI era stato modificato, in senso restrittivo, su richiesta del Ministero dell’Economia e delle Finanze con un intervento a poche ore dal voto di fiducia da parte dell’aula della Camera al decreto crescita. Inizialmente l’Istituto aveva a disposizione 12 mesi di tempo per risanare il bilancio e sistemare la situazione interna con provvedimenti efficaci a medio e lungo termine. Con la modifica, si è sospeso il possibile ricorso al commissariamento solo fino al 31 ottobre 2019, quindi il CdA dell’INPGI avrà poco più di 3 mesi di tempo per porre rimedio.

Anche per quanto riguarda l’allargamento della platea degli iscritti, proposta avanzata da Claudio Durigon della Lega, la situazione attuale risulta confusa. L’ampliamento è una soluzione riconosciuta come valida, ma le risorse per realizzarlo sono stanziate a partire solo dal 2023.

Per l’INPGI il nuovo intervento “crea incertezza e confusione”. Impossibile “fare un lavoro serio” in “poco più di tre mesi. Da una parte si riconosce la validità della strada di ampliamento della platea degli iscritti, ma dall’altro si stanziano risorse per attuarla solo a partire dal 2023. Non vorremmo che dietro queste evidenti contraddizioni ci fosse un unico obiettivo, colpire i giornalisti e l’intero settore editoriale attraverso la figura di un commissario che tagli tutele e welfare di un’intera categoria e finisca per deprimere ancora di più il sistema dell’editoria al quale Inpgi ha garantito finora un sostegno decisivo”.

Laura Castelli (M5S), Vice Ministro all’economia, spiega che “Per la Ragioneria è troppo rischioso andare fino a dicembre, se nel frattempo le cose non dovessero andare. Un rischio che momentaneamente non ci sentiamo di correre”.

Vito Crimi, Sottosegretario con delega all’editoria, smentisce ogni intenzione di effettuare un rapido commissariamento dell’istituto, ripercorrendo tutto l’iter del dl crescita: “In realtà nelle nostre prime stesure dell’emendamento la sospensione del commissariamento era stata fissata dapprima in 24 mesi, quindi in 18 mesi. Per questioni di coperture è stata quindi portata al 31 dicembre 2019. Poi questo termine, in seguito all’intervento della Ragioneria dello Stato, è stato anticipato al 31 ottobre. Se la volontà del M5S fosse stata quella di commissariare l’INPGI avremmo avuto ogni possibilità di farlo, fin da subito, ma così non è”.

Inoltre, il M5S ha in mente un ulteriore intervento per alleggerire il carico dell’Istituto: passare alla gestione dell’INPS tutta la parte relativa agli ammortizzatori sociali, quindi gli oneri che ora l’istituto di previdenza autonomo dei giornalisti sostiene per cassa integrazione, disoccupazione, contratti di solidarietà della categoria.

Lo stesso Crimi sull’argomento afferma che “L’INPGI ha pagato e sta sostenendo di fatto il settore dell’editoria e la sua crisi. Sollevarlo da questo onere, che peraltro come istituto previdenziale non gli competerebbe in senso stretto, per passarlo alla gestione dell’INPS, consentirebbe un notevole sollievo per i conti della cassa dei giornalisti”.

Infatti, secondo la Presidente dell’Istituto, Marina Macelloni, gli oneri per ammortizzatori sociali per il 2018 ammontano a circa 37 milioni di euro e “l’istituto paga gli ammortizzatori unicamente con le proprie risorse, sulla base di stati di crisi aziendali firmati dal Ministero del Lavoro e ai quali non possiamo opporci”.

Crimi conclude con parole decise sul futuro prossimo dell’Istituto di previdenza autonomo dei giornalisti: “a decidere se procedere all’effettivo commissariamento è sempre il Governo. È una questione di volontà politica, e se non l’abbiamo fatto finora…”.