Fact checking in USA: Meta si sposta sulla linea di X

Novità in America per la società Meta: Mark Zuckerberg ha annunciato la volontà di ridurre le policy di moderazione dei contenuti sui suoi social e di cessare l’attività di fact-checking di terze parti.

La decisione arriva proprio nei giorni che precedono il passaggio del testimone tra il presidente uscente, Joe Biden, e il neoeletto Donald Trump. Il CEO di Meta, infatti, afferma di aver deciso di collaborare con il team Trump, affiancandosi a una visione più simile a quella di Elon Musk, CEO di X e storico sostenitore del presidente eletto.

Sempre Zuckerberg, parlando di questa sua svolta, spiega come l’amministrazione Biden abbia fatto pressioni nei suoi anni di mandato e di come l’Europa abbia istituzionalizzato la censura. Nonostante queste accuse rivolte al Vecchio Continente, la novità non sembra, per ora, riguardare l’Ue.

Big tech e Trump si allineano

“Faremo a meno dei fact-checker e li sostituiremo con note della comunità simili a X (ex Twitter)”, esordisce Mark Zuckerberg in un post su Facebook. Le note degli utenti potranno segnalare post e contenuti fuorvianti, inesatti o più bisognosi di contesto e andranno completamente a sostituire organizzazioni ed esperti indipendenti. 

“Gli esperti, come tutti gli altri, hanno i loro pregiudizi e le loro prospettive”, spiega un portavoce Meta, per questo si intende “ritornare alle proprie origini” e semplificare le policies per una informazione che non “intralcia la libertà di informazione“. 

“Quello che è iniziato come un movimento per essere più inclusivi” continua il CEO “è stato sempre più utilizzato per mettere a tacere le opinioni ed escludere le persone con idee diverse, ed è andato troppo oltre”.

Diverse approvazioni nel mondo tech, tra cui Musk e Linda Yaccarino, CEO di X che spera in un coinvolgimento di altri social su questa linea. “È una mossa intelligente da parte di Zuck”, ha scritto, “il fact-checking e la moderazione non devono essere nelle mani di pochi gatekeeper selezionati che possono facilmente iniettare la loro parzialità nelle decisioni”.

L’attacco all’Ue

Dopo l’endorsement di Zuckerberg a Trump, il CEO va oltre e attacca l’Europa. Nel video postato su Facebook, infatti, ribadisce che “gli USA hanno le più forti protezioni costituzionali al mondo per la libera espressione” e che è stato Biden e l’Ue ad esercitare pressioni. L’Europa ha, secondo l’amministratore delegato di Meta,  “un sempre crescente numero di leggi che istituzionalizzano la censura e rendono più difficile realizzare qualsiasi innovazione lì”. 

L’Ue non tarda a rispondere e in sintesi controbatte che “la moderazione dei contenuti non significa censura”. In una dichiarazione all’ANSA, un portavoce della Commissione europea semplicemente riafferma i princìpi dell’Ue e lo scopo di monitorare, non di censurare i contenuti online attraverso il DSA (Digital Services Act).

“La libertà di espressione è al centro del DSA, che stabilisce le regole per gli intermediari online per contrastare i contenuti illegali, salvaguardando la libertà di espressione e d’informazione online: nessuna disposizione del DSA obbliga gli intermediari online a rimuovere i contenuti leciti”.

La legge sui servizi digitali, approvata nel 2022 ed entrata in vigore il 17 febbraio 2024, “impone la trasparenza sui criteri di moderazione dei contenuti e sulla loro attuazione, comprese le pratiche di “shadow banning””, spiega l’Ue.

Questo vuol dire che si dà la possibilità all’utente bloccato di “impugnare una decisione” qualora volesse contestare la limitazione imposta. Il reclamo è, dunque, assolutamente possibile come meccanismo “equo e trasparente per gli utenti”, che possono “proteggere la propria presenza online”.

Articolo di T.S.