“Dove è finito l’italiano?”, l’Accademia della Crusca bacchetta il Ministero dell’Istruzione

Gli Accademici contestano l’adozione sistematica di termini ed espressioni anglicizzanti in un documento programmatico del Ministero, tenendo conto della sua importanza all’interno dell’istituzione scolastica.

Il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) ha pubblicato lo scorso 14 marzo un documento programmatico (il Sillabo per la scuola secondaria di secondo grado) volto a promuovere l’educazione all’imprenditorialità nelle scuole statali secondarie di II grado.

Il Gruppo Incipit (*) dell’’Accademia della Crusca, nel Comunicato stampa n. 10 del 17 aprile scorso, ha espresso grande preoccupazione riguardo alla lingua con cui tale documento programmatico è stato redatto, tenuto conto della sua importanza all’interno dell’istituzione scolastica.

Villa medicea di Castello, sede dell’Accademia della Crusca (Foto da wikipedia.org – Autore Avemundi – licenza CC BY-SA 3.0)

«Il Gruppo – ricorda il Comunicato della Crusca – aveva già attirato l’attenzione sulla forte propensione del sistema universitario italiano a impiegare termini ed espressioni del mondo economico-aziendale (cfr. Comunicato stampa n. 6 del 17 giugno 2016), ma constata che nel documento in questione tale tendenza ha raggiunto un nuovo livello di intensità: l’adozione di termini ed espressioni anglicizzanti non è più occasionale, imputabile magari a ingenue velleità di “anglocosmesi”, bensì diventa programmatica, organica e assurge a modello su cui improntare la formazione dei giovani italiani».

«È infatti sufficiente scorrere il Sillabo per la scuola secondaria di secondo grado – continua il Comunicato – per verificare la meccanica applicazione di un sovrabbondante insieme concettuale anglicizzante, non di rado palesemente inutile, a fronte dell’italiano volutamente limitato nelle sue prerogative basilari di lingua intesa quale strumento di comunicazione e di conoscenza».

E gli Accademici fanno anche degli esempi: «per imparare a essere imprenditori non occorre saper lavorare in gruppo, bensì conoscere le leggi del team building, non serve progettare, ma occorre conoscere il design thinking, essere esperti in business model canvas e adottare un approccio che sappia sfruttare la open innovation, senza peraltro dimenticare di comunicare le proprie idee con adeguati pitch deck e pitch day».

Veramente troppo per i cattedratici che hanno il compito di monitorare ed esprimere un parere sui forestierismi di nuovo arrivo nella Lingua italiana:
«Più che un’educazione all’imprenditorialità, – con queste parole hanno “randellato” il Ministero – questo documento sembra promuovere un abbandono sistematico della lingua italiana e delle sue risorse nei programmi formativi delle forze imprenditoriali del futuro. Pare una sorta di contraffazione paradigmatica della cultura e del patrimonio italiano: è così che si vogliono promuovere e valorizzare le eccellenze italiane, il “Made in Italy”? ».

Sede del Ministero a Roma, viale Trastevere Foto da wikipedia.org – Autore Lalupa – licenza CC BY-SA 3.0)

«Proprio in considerazione della gravità del modello linguistico-concettuale offerto dal Sillabo – conclude il Comunicato – il Gruppo Incipit, nella presente occasione, rinuncia a proposte di traducenti italiani (del resto sarebbe necessario tradurre l’intero documento), ma rivolge un appello ai responsabili del MIUR, affinché si usi maggiore rispetto nei confronti della lingua e della cultura italiana».

(*) Ricordiamo che il Gruppo Incipit si occupa di esaminare e valutare neologismi e forestierismi ‘incipienti’, scelti tra quelli impiegati nel campo della vita civile e sociale, nella fase in cui si affacciano alla lingua italiana, al fine di proporre eventuali sostituenti italiani. Incipit è costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa.