
“Lo smart working aumenta la produttività, lo dimostrano diversi studi. I dati che abbiamo raccolto e l’assenza di problematiche rilevanti, nonostante l’organizzazione repentina, lo confermano”, sottolinea Dadone, che spiega: “Le pubbliche amministrazioni negli anni non sono state accompagnate in modo adeguato dalla Funzione pubblica. Dettare tempi, dare linee guida, assumersi responsabilità, non scaricare sui più fragili gli errori: credo che il senso dello Stato parta da qui. Si può dare autonomia alle amministrazioni, ma questo non significa abbandonarle. In ogni caso, dal 10% di presenze in ufficio della fase 1 oggi siamo a circa il 30%”. Lo smart working “presuppone un cambio di passo e chiede ai dipendenti, ma soprattutto ai dirigenti, grandi capacità di organizzazione. Non è più facile, non sono vacanze. Se abbiamo avuto gli stessi risultati rispetto al lavoro in ufficio, significa che il dirigente ha capito esattamente di che cosa ci fosse bisogno e il funzionario si è messo in gioco nonostante non avesse un confronto diretto con i colleghi – dice ancora la ministra -. Lo smart working è più difficile del lavoro in ufficio, perchè non tutti hanno questa flessibilità di pensiero e serve una formazione continua”.
(ITALPRESS).