Che succede quando Facebook va in blackout?

Torniamo a leggere le notizie direttamente dalle testate online.

Senza un feed di notizie da scorrere, la gente torna a leggere le notizie direttamente dai siti e dalle app mobile degli editori.

Il 3 agosto 2018, Facebook è andato in blackout per 45 minuti e i modelli di traffico sul web sono cambiati in un istante. Chartbeat, società specializzata in analisi dati, ha svolto un esame di questo fenomeno e lo ha pubblicato su NiemanLab.

Lo studio ha analizzato l’interruzione di Facebook, utilizzando i dati del traffico globale su un campione di oltre 4.000 siti. I dati chiave mostrano che quando Facebook è andato giù, i rinvii ai siti di notizie sono diminuiti, come previsto – ma si è verificata una vera e propria “inversione” di marcia nel traffico dati online.

Il traffico diretto verso i siti Web degli editori è aumentato dell’11%, mentre il traffico verso le app mobili degli editori è aumentato del 22%.
Sorprendentemente, c’è stato un aumento del traffico totale netto del 2,3 percento, il che significa che il numero di pagine consumate sul web è aumentato vertiginosamente in questo lasso di tempo.

«Una delle cose affascinanti che abbiamo notato nei dati – ha scritto Josh Schwartz, head of product, engineering, and data di Chartbeat, nell’articolo – è stata la reazione istantanea: quando Facebook è andato giù, ci sono voluti solo pochi secondi affinché gli utenti rompessero le loro abitudini. L’uso abituale di Facebook è molto intrecciato con l’utilizzo mobile, tuttavia, è difficile dire cosa succederebbe davvero in un mondo senza Facebook. Il consumo mobile sarebbe lo stesso senza di esso? ».

«Facebook – ha concluso Schwartzgenera un’enorme quantità di traffico verso gli editori, ma allo stesso tempo compete con loro in termini di tempo e attenzione dei consumatori. È incoraggiante vedere che quando Facebook è temporaneamente fuori dal gioco, – ha concluso Schwartz – i consumatori cercano lo stesso le notizie che a loro interessano. E questa è una buona notizia per gli editori».

(Foto in alto, da www.niemanlab.org)