Sergio Tofano, il signor Bonaventura e i personaggi del tempo che fu

di Gianni Dell’Aiuto*

Il 28 ottobre 1973, ci lasciava Sergio Tofano, noto anche come Sto, con cui si firmava. Attore, disegnatore, sceneggiatore, Tofano con la sua personalità eclettica ha attraversato praticamente tutto il novecento, distinguendosi in più campi dello spettacolo e non solo.

Chissà se i giovani potranno ricordarlo e, insieme a lui, il suo personaggio più riuscito, il Signor Bonaventura, una caratterizzazione che, all’epoca dei manga e dei fumetti della Marvel, ma anche solo Dylan Dog, è quasi inconcepibile e può essere lui a sembrare il personaggio di fantascienza.

Bonaventura, con la sua marsina rossa e i larghi pantaloni bianchi, insieme al suo inseparabile bassotto, è stato accanto ad almeno almeno tre generazioni di ragazzi italiani dalle pagine del Corriere dei Piccoli, già dal 1917, quando fece la sua comparsa durante la prima guerra mondiale.

Un personaggio ingenuo, buono d’animo, che anche nelle sue peggiori disavventure riusciva a non perdere il suo aplomb quasi britannico, proprio come quello del suo autore, e riusciva sempre a trionfare portando a casa, al termine della storia, una cifra che, muovendosi di pari passo con l’inflazione, è passata negli anni da mille lire a un miliardo.

L’inizio delle storie era sempre lo stesso: “Qui comincia l’avventura (talvolta la sventura), del signor Bonaventura”. Forse da allora divenne un modo di dire comune nel parlare. Possiamo probabilmente definire Bonaventura, l’ultima maschera del teatro della commedia dell’arte, buon compagno per i vari Arlecchino, Balanzone e Pulcinella.

Del resto la carriera di Tofano trascorse per molti proprio anni sui palcoscenici: da Pirandello a Shaw e ben sei spettacoli teatrali con Bonaventura protagonista.

Bonaventura è stato poi trasposto in teatro e al cinema, interpretato sul palcoscenico sempre dal suo autore e disegnatore e, sullo schermo, da Paolo Stoppa. Attivo al cinema fin dai primi anni trenta, iniziò a recitare nei cosiddetti film dei telefoni bianchi, un genere anche questo oggi dimenticato e difficilmente ripetibile nell’era digitale. Fu un momento importante del nostro cinema, con registi come Alessandro Blasetti, Mario Bonnard e Carlo Ludovico Bragaglia che dirigevano attori del calibro di Gino Cervi, Vittorio De Sica, Alida Valli e Amedeo Nazzari e che terminò in pratica con la fine della seconda guerra mondiale, e che per alcuni aspetti possiamo considerare un precursore del neorealismo.

Tofano contribuì con interpretazioni eleganti, essenziali ma, allo stesso tempo, ironiche. Caratterizzò numerosi personaggi e possiamo ricordarlo non solo regista di una prima versione cinematografica di Gian Burrasca, ma anche impeccabile interprete del direttore del Collegio Pierpaolo Pierpaoli nella versione per la TV del Giornalino con protagonista Rita Pavone. Memorabile la sua recitazione mentre, alto e stralunato, si fa dare dell’imbecille da Bice Valori che, nello sceneggiato, recitava camminando sulle ginocchia.

Tofano ha anche scritto per bambini, ma i bambini di un’altra epoca, non i nativi digitali di oggi. Nel suo racconto “il romanzo delle mie delusioni”, il giovane protagonista, Benvenuto, un ragazzo con poca voglia di studiare, entra in un mondo di favole dove scopre un’allarmante realtà nella quale la Bella addormentata nel bosco soffre d’insonnia, Barbablu ha una agenzia matrimoniale (qualcuno le ricorda? Zuckerberg le ha fatte definitivamente chiudere), il lupo fa da cameriere, governante, lavandaia, bambinaia in casa di Cappuccetto Rosso.

La fantasia dell’autore era rivoluzionaria per l’anno in cui i racconti, non proprio da bambini venivano pubblicati sempre sul Corriere dei Piccoli, nel 1917.

Tofano e Bonaventura hanno vissuto due vite in parallelo, dedicandosi al divertimento non solo dei bambini. Oggi sarebbero probabilmente personaggi impossibili da collocare, anacronistici legati in maniera indissolubile a un fumetto dove poco si usavano i baloon con le parole e lo script era sotto la striscia. Un mondo in cui gli effetti speciali erano probabilmente i sentimenti, e i volti dei protagonisti restavano sempre gli stessi, rassicuranti per il lettore, per il quale erano, probabilmente, non personaggi ma amici con cui dividere le giornate. In quanti, allora, non avrebbero voluto essere a fianco di Bonaventura, magari nei panni del bellissimo Cecè o anche in quelli del suo acerrimo nemico Barbariccia?

Sono immagini di un tempo passato, quando anche i più giovani venivano trattati con rispetto, perché questo rispetto se lo meritavano. Ricordiamo che, molti anni dopo l’epoca di Bonaventura, sul più semplice e leggero Topolino, esistevano le rubriche di posta dove i lettori potevano porre le loro domande. A quelle di sport rispondeva Nicolò Carosio, il radiocronista del celebre “Quasi gol”, mentre a quelle di cultura era chiamato Salvatore Gotta, scrittore forse poco conosciuto, ma intellettuale di spessore.

Intellettuale come lo era Sergio Tofano.

 

*Avvocato esperto in diritto civile, bancario e delle assicurazioni, in diritto commerciale e societario e contrattualistica di impresa, tutela dati personali, privacy e GDPR. Ha pubblicato recentemente “Ciber risk e cybercrime. I nuovi rischi per le imprese e le soluzioni assicurative” e “La Protezione dei dati personali”, Raccolta di articoli, Efesto 2019 e “Regolamento europeo della privacy“, AAVV, Efesto 2019.