Papa Francesco: “Dobbiamo dire grazie al coraggio dei giornalisti. No ad una informazione fotocopia”

«Vieni e vedi»: Messaggio del Pontefice per la 55ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.

«“Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita”, consigliava il Beato Manuel Lozano Garrido ai suoi colleghi giornalisti».

Queste tra le prime parole del Messaggio per la 55ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali che Papa Francesco ha rilasciato il 23 gennaio 2021, vigilia della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

La 55.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali  si svolgerà il 16 maggio, sul tema “Vieni e vedi (Gv 1,46) – Comunicare incontrando le persone dove e come sono”. Una Giornata celebrata per la prima volta nel 1967. L’appuntamento annuale di preghiera e di impegno per le comunicazioni sociali era stato introdotto nella Chiesa dal Concilio Vaticano II, con il decreto Inter mirifica.

La chiamata a “venire e vedere” è anche “il metodo di ogni autentica comunicazione umana” – sottolinea il Pontefice.

Il Messaggio di Francesco

«Per poter raccontare la verità della vita che si fa storia  – diceè necessario uscire dalla comoda presunzione del “già saputo” e mettersi in movimento, andare a vedere, stare con le persone, ascoltarle, raccogliere le suggestioni della realtà, che sempre ci sorprenderà in qualche suo aspetto».

Per ogni “espressione comunicativa” che voglia essere onesta, il Papa suggerisce dunque l’invito a “venire e vedere” a tutta la galassia comunicativa di oggi, dai giornali al webma anche nella “predicazione ordinaria della Chiesa” come nella “comunicazione politica o sociale”. Forte, quindi, l’attenzione sui rischi di finire in una comunicazione preconfezionata e sempre uguale, “senza uscire mai uscire per strada” per incontrare le persone e verificare. E, in particolare, nel contesto della pandemia il Papa esorta a raccontare anche le vicende delle popolazioni più povere.

L’informazione fotocopia

«Pensiamo al grande tema dell’informazione. –  lancia l’allarme Francesco Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni».

Il coraggio di tanti giornalisti

«Anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione. – continua  il PapaDobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti –  giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi – se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità».

Giornalisti di guerra

C’è il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco, di tenere una “doppia contabilità”. Pensiamo alla questione dei vaccini, come delle cure mediche in genere, al rischio di esclusione delle popolazioni più indigenti.

Chi ci racconterà, si chiede Francesco, l’attesa di guarigione nei villaggi più poveri dell’Asia, dell’America Latina e dell’Africa? Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza.

Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto: feriscono e non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri.

Le Opportunità e  le insidie del web

La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione: tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze, riconosce  il Capo della Chiesa nel suo messaggio. La tecnologia digitale ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: ad esempio a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web. È uno strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori. Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze.

«Ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche.  – mette in guardia il PonteficeAbbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo. Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere».

Pandemia in Africa

«Pensiamo a quanta eloquenza vuota abbonda anche nel nostro tempo, in ogni ambito della vita pubblica, nel commercio come nella politica», riconosce il Papa. E cita una frase di Shakespeare: “Sa parlare all’infinito e non dir nulla. Le sue ragioni sono due chicchi di frumento in due staia di pula. Si deve cercare tutto il giorno per trovarli e, quando si son trovati, non valgono la pena della ricerca (Il mercante di Venezia, Atto I, Scena I).

Nulla può sostituire l’esperienza personale

Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienzaNon si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti.

«La forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi. I discepoli non solamente ascoltavano le sue parole, lo guardavano parlare», sottolinea il Papa. E ancora: «Tutti gli strumenti sono importanti, e quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui, di vederlo durante un’assemblea o in un colloquio individuale».

«Da più di duemila anni è una catena di incontri a comunicare il fascino dell’avventura cristiana. – chiude il messaggio pontificio –  La sfida che ci attende è dunque quella di comunicare incontrando le persone dove e come sono».