Un’Europa che inciampa in ambito digitale, con a disposizione investimenti che non bastano a colmare il divario con Stati Uniti e Cina. Un divario acuito dalle più di cento leggi, tra presenti e in arrivo, che incagliano molti progetti di grandi aziende prima che decollino.
Un’Europa digitalmente lenta
Lo annuncia la rete di think tank PromethEUs, con base nell’Europa meridionale, rappresentato dall’Italia nella forma dell‘I-Com, Istituto per la Competitività. Il reparto chiamato “A Blueprint For The Digital Priorities Of The New EU Mandate” (“un progetto per le priorità digitali del nuovo mandato EU”), mette in evidenza una serie di problemi che tengono bloccato a terra qualunque potenziale progresso per l’Europa, soprattutto del sud, nel settore digitale.
Tra i fattori che determinano questa condizione spicca un ambiente legislativo intricato, soffocante, e mutevole. Legislazioni quali il Cybersecurity Air, il Data Governance Act (DGA), il Digital Market Act (DMA) sono solo una parte del reticolo che le compagnie
Un panorama difficile da decifrare anche per le aziende di primo piano, e deleterio per le imprese medie e piccole, che pure rappresentano il reticolo di sostentamento del sistema economico europeo. In quel sistema, le piccole e medie imprese non riescono a ricevere le assistenze statali e riqualificazioni professionali che potrebbero permettere loro di svilupparsi e trovare una presa concreta nel mercato.
Gli svantaggi delle piccole aziende
A volte sono proprio le zone stesse dell’Europa meridionale a distaccare consumatori e compagnie dalla rete, a causa dell’accesso limitato a internet e alla tecnologia. A quel distacco contribuisce anche il basso livello di alfabetizzazione digitale, al quale stanno cercando di fare fronte iniziative come la European SME Strategy for a Sustainable and Digital Europe.
Nel documento vengono messi in chiaro dei punti fondamentali per l’Unione, e uno dei più fondamentali alleggerisce la burocrazia. Richiede infatti di ridurre l’obbligo di rendicontazione di almeno il 35% per le pmi (piccole e medie imprese), nonché del 25% per le compagnie restanti.
Un mercato incatenato
Un altro punto chiave del nuovo mandato dell’Unione europea, soprattutto riguardo alla questione della sicurezza economica, è una virata verso una politica di libero mercato, dove la competitività tra imprese è incoraggiata. Una vera e propria “diplomazia digitale”, in cui il pubblico avrebbe l’ultima parola.
Per permettere un ambiente di libero mercato, l’Unione europea ha inoltre bisogno di alleggerire il suo soffocante sistema burocratico e promuovere invece meccanismi di accelerazione, sollevando le piccole startup in un sistema aperto. PromethEUs chiama questa situazione un “ostacolo alla competitività“.
Il potenziale dell’UE
Per far fronte a questa situazione sono necessari investimenti straordinari, che permettano alle strutture singole di accedere a capitali quali il Fondo Ipcei, o forme di partenariato come l’EuroHpc. Anche una spinta al Mercato Unico dei Capitali, che faciliti l’accesso ai fondi, potrebbe migliorare la situazione.
Infine sono necessari programmi per riqualificare la forza lavoro, e mettere insieme una struttura digitale dove i singoli enti possano condividere i loro dati.
L’Ue avrebbe il potenziale per possedere una posizione di leader mondiale nella diplomazia digitale: un framework che renda tale lavoro facile e comprensibile a tutti sarà cruciale per un sistema efficiente, e per aumentare in toto gli standard dell’unione.
M.F.Z.