Google pagherà le notizie, vicino un accordo anche in Italia

È proprio il caso di dire che in questo periodo è in corso una battaglia nel mondo editoria online che potremmo riassumere con un’espressione: “il Web contro tutti”. 

La disputa è iniziata in Australia, qualche mese, che con il suo Codice di condotta vincolante ha tutta l’intenzione di costringere i colossi a pagare gli editori. Colossi, Google e Facebook nel dettaglio, che per mesi hanno combattuto con tutte le loro forze, arrivando a minacciare addirittura gli editori e gli utenti australiani

Ma ieri qualcosa è cambiato, i due colossi americani hanno preso strade diverse a causa dell’accordo firmato dalla società di Mountain View con Murdoch e la sua News Corp, a cui Google pagherà i contenuti prodotti su una “vetrina” progettata ad hoc da “Google News Showcase”, per il nuovo sistema di remunerazione editoriale online

L’intesa triennale fra Google e News Corp sarà triennale, ma apre le porte a tutti gli altri editori che lamentano il crollo della pubblicità, principalmente canalizzata sui canali degli OTT

Ma la notizia riguarda il nostro Paese, la novità che probabilmente verrà introdotta anche in Italia per gli editori della penisola. A quanto risulta al Sole24Ore, molto presto dovrebbe essere conclusa un’intesa anche tra alcuni editori italiani e Google, sempre nell’ambito del progetto “Google News Showcase”, che ora riguarda oltre 500 pubblicazioni a livello globale in una dozzina di Paesi tra cui Germania, Brasile, Canada, Francia, Giappone, UK e Argentina. Saranno i singoli editori a scegliere le storie da presentare nel pannello “vetrina”. E Google pagherà a monte per questa produzione. 

Ovviamente ciò potrà avvenire a seguito del recepimento della Direttiva Ue sul Copyright, già tradotta nella propria legislazione nazionale solo dalla Francia, che infatti ha ottenuto alcuni accordi con Google, non prima, però, dell’intervento dell’Antitrust che ha imposto a Google di sedersi a trattare con gli editori sul riconoscimento di compensi per “i diritti connessi” e la Corte d’Appello di Parigi che ha confermato la decisione.