
Con l’insediamento di Trump cambia l’assetto internazionale relativo alla tassazione delle Big Tech. A causa della politica americana unilaterale e l’introduzione di dazi, l’Europa si ritrova a gestire un cambiamento di rotta improvviso sulle Digital Services Taxes stabilite in ambito OCSE/G20.
“America first”
In particolare, si fa riferimento alla Global Minimum Tax, una rivoluzione fiscale approvata per garantire una tassazione equa a livello globale. Sviluppata dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) in ambito G20, la legge imponeva agli Stati membri di prevedere un’imposta sul reddito del 15% a tutte le imprese fornitrici di servizi digitali che superano i 750 milioni di fatturato.
Queste tasse miravano a tassare i ricavi dove è generato valore e con la nuova politica protezionistica americana si entra in un momento di “guerra fiscale”. Il multilateralismo europeo si scontra con l’unilateralismo americano e si sfaldano gli impegni che la Casa Bianca di Biden aveva suggellato.
Infatti, nel primo giorno di mandato, Trump ha subito messo in chiaro il suo voler fare dietrofront su alcuni temi. Il Memorandum che specificamente tratta delle Big Tech, del 21 febbraio 2025, revoca degli impegni sulla Global Minimum Tax, con le conseguenti misure fiscali che l’America poteva adottare in caso di imposte “extraterritoriali” o discriminatorie per le imprese USA.
Secondo un Report di Mediobanca del 2022, tra le 25 multinazionali tech che sottostanno alle regole europee sui servizi digitali, 11 sono americane. Esse rappresentano il 69% del fatturato totale globale, che negli ultimi anni, visti i bilanci sempre in positivo delle aziende, è sempre migliorato.
La tassazione Ue derivante da pubblicità online, intermediazione e data management ora non sembra più possibile. Quali sono le strade che l’Europa deciderà di percorrere?
La risposta Ue: possibili strade di tassazione
I dazi hanno messo in agitazione le casse europee. Per quanto riguarda l’impatto fiscale, normativo ed economico sulle tasse dei servizi digitali, l’Ue ha bisogno di mettere in atto una nuova strategia.
Dunque, la risposta europea ai dazi americani comporta una nuova potenziale forma di imposta da applicare più generalmente ai servizi digitali, quindi una “accisa digitale” indiretta sulle transazioni; oppure utilizzare delle Digital Services Taxes esistenti in alcuni Paesi europei e creare un’imposta coordinata per tutto lo spazio Ue.
Altro progetto gemello alla tassazione internazionale, sembra essere la volontà dell’Ue a diventare un leader globale nel settore tech e dell’Intelligenza Artificiale (IA). Affrontando le mancanze di investimenti nel settore dell’innovazione, si punta a uno sviluppo della competitività europea, auspicando una progressiva indipendenza dall’industria americana.
Si punta, dunque, sulla formazione di lavoratori, specialmente con background STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) che rappresentano solo il 3,4% dei laureati europei, a fronte del 18% cinese e il 15% americano.
Articolo di T.S.