
La risoluzione n. 2590 votata il 31 gennaio scorso dal Consiglio d’Europa (CoE) rende obbligatorio il fact-checking e la moderazione dei contenuti sui social.
“Prima di questo rapporto era facoltativo”, afferma la deputata Valentina Grippo, invece “ora gli Stati membri devono recepire questa risoluzione. Paletti per Musk, Zuckerberg&Co. che non potranno sottrarsi alle proprie responsabilità sulla moderazione dei contenuti in Europa”.
Questo documento firmato dall’Ue mette un freno alle decisioni di molte Big Tech americane che ultimamente si stavano allineando ad Elon Musk, CEO di X. Infatti, Meta, Google e LinkedIn hanno da poco annunciato la volontà di togliere revisori di terze parti sulle loro piattaforme in USA. La volontà di Meta di estendere questa decisione all’Ue viene quindi interrotta sul nascere.
L’emendamento del documento 16089
Questa risoluzione “affronta la necessità di una regolamentazione efficace della moderazione dei contenuti sui social media per proteggere la libertà di espressione. Sottolinea che, mentre le piattaforme dei social media svolgono un ruolo cruciale nel facilitare la comunicazione e la condivisione di informazioni, devono anche rispettare gli obblighi legali per rimuovere i contenuti illegali e combattere il materiale dannoso”.
Così il riepilogo dell’emendamento chiarisce i motivi e lo scopo del documento, sostenendo la trasparenza, la supervisione umana e l’istituzione di meccanismi indipendenti di risoluzione di controversie.
Secondo questo rapporto, ora le piattaforme saranno obbligate a trasparenza, equità e diritto di contestazione per gli utenti. Inoltre, non potranno decidere in maniera arbitraria e senza alcuna dichiarazione esplicita cosa può rimanere online e cosa no. Un meccanismo che quindi costringe a non essere opachi sulla distribuzione e permanenze dei contenuti sulle piattaforme.
Inoltre, il documento prevede meccanismi di supervisione indipendenti e terzi, trasparenza degli algoritmi sulla visibilità dei contenuti e possibilità di ricorso efficace. “Nel complesso, cerca di promuovere un ambiente digitale equo e rispettoso dei diritti”.
Articolo di T.S.