Bonus pubblicità, con una FAQ il Dipartimento Editoria risponde all’USPI: per le testate native digitali no alla onerosità e no alla accessibilità per disabili

Rispondendo ad un preciso quesito posto dall’USPI, il Dipartimento ha chiarito un aspetto dirimente sulla pubblicità pubblicata sui giornali online che, se non chiarito, avrebbe messo in grave difficoltà le testate telematiche ed i propri inserzionisti pubblicitari.

ATTENZIONE! Non occorre il “titolo oneroso” (neppure parziale) né l’accessibilità alle informazioni da parte delle persone con disabilità, per le testate online e per la validità delle inserzioni pubblicitarie delle aziende su tali testate al fine di ottenere il credito d’imposta.

Con una nuova e risolutiva  FAQ pubblicata sul sito del Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio, lo stesso DIE ha chiarito un aspetto controverso della normativa prevista all’art. 3 commi 1 e 4 del DPCM 16 maggio 2018, n. 90.

Riguarda, nello specifico, l’applicabilità delle norme riguardanti l’accesso ai contributi pubblici alla stampa per il “bonus pubblicità”: le caratteristiche che devono avere le pubblicazioni online ed, in particolare, l’onerosità (parziale o totale) degli articoli pubblicati e la fruibilità delle informazioni alle persone disabili.

Al quesito posto da USPI, Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria, con grande correttezza e competenza, ha così risposto:

Quesito USPI sugli investimenti pubblicitari sulle testate digitali:
È pervenuto dall’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana) un quesito in merito alla corretta interpretazione della disposizione del Regolamento (articolo 3, comma 1) che disciplina gli investimenti ammissibili, nella parte in cui richiama – per la stampa online – l’articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70.

In particolare, nel quesito si evidenzia che il richiamo ai requisiti di carattere tecnico e commerciale – imposti dall’articolo 7 alle imprese editrici di testate digitali che chiedano l’ammissione al contributo pubblico diretto – ove applicato letteralmente, è suscettibile di introdurre condizioni che appaiono estranee alla logica del meccanismo di incentivazione fiscale degli investimenti pubblicitari, e che peraltro non trovano riscontro nella norma primaria che disciplina la misura ed abilita il Regolamento.

Risposta:
L’articolo 3, comma 1, del Regolamento, nel disciplinare le condizioni di ammissibilità “oggettive” per accedere al beneficio, stabilisce che gli investimenti incrementali ammissibili devono essere effettuati, tra l’altro, su giornali quotidiani e periodici, “…pubblicati in edizione cartacea ovvero editi in formato digitale con le caratteristiche indicate all’articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70…”.

Foto: Ferruccio Sepe, Capo DIE (© USPI 2018)

Quest’ultima disposizione fa parte del complesso normativo che disciplina tutto ciò che riguarda l’ammissione delle imprese editrici alla percezione del contributo pubblico diretto, ed in particolare stabilisce i requisiti richiesti alle testate digitali per poter usufruire del predetto contributo.

I requisiti richiamati attengono, per un verso, alla tecnologia dell’edizione digitale ed alla sua fruibilità e multimedialità; e, per l’altro, alla circostanza che i contenuti dell’edizione digitale siano fruibili, in tutto o in parte, a titolo oneroso.

Tali condizioni rispondono alla logica cui è ispirata, particolarmente nei più recenti interventi di riforma, la normativa sul sostegno pubblico diretto alle imprese editoriali, che dà particolare rilievo – ai fini della concessione del contributo diretto – all’innovazione, alla multimedialità, ed alla circostanza che i prodotti editoriali (sia cartacei che digitali) trovino effettivo riscontro di vendita sul mercato; tutto questo, peraltro, in una logica più generale di selezione stringente delle imprese editoriali alle quali concedere il contributo diretto, del tutto estranea – anzi, opposta – alla logica incentivante degli investimenti pubblicitari.

La circostanza che la testata online sulla quale si acquistano gli spazi pubblicitari abbia o meno determinate caratteristiche tecnologiche, ed il fatto che abbia, in tutto o in parte, contenuti che possono essere usufruiti a pagamento, costituiscono dunque criteri essenziale (veri e propri requisiti) di selezione per usufruire del contributo pubblico editoriale; gli stessi elementi non hanno invece alcun rilievo intrinseco ai fini della legittimazione o della capacità delle testate online di offrire spazi pubblicitari agli operatori economici.

D’altro canto, nella norma primaria che ha istituito il “bonus” (l’articolo 57-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50) non è rinvenibile alcun elemento – né logico, né tanto meno testuale – che possa dare fondamento all’introduzione, nella disciplina degli investimenti pubblicitari, delle specifiche condizioni che regolano, per le testate digitali, la diversa questione della loro ammissione al contributo diretto editoriale.

L’applicazione letterale dell’articolo 3, comma 1, del Regolamento condurrebbe pertanto, sotto tale profilo, ad introdurre elementi di selettività non giustificabili e limitativi della libera scelta, da parte degli operatori economici, delle testate digitali sulle quali acquistare gli spazi pubblicitari.

Si ritiene, conclusivamente, che il richiamo all’articolo 7 del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70, contenuto nell’articolo 3 del Regolamento, non possa che essere inteso in un senso più generale di richiamo alla nozione positiva di editoria online, ma non di richiamo all’applicazione – ai fini del “bonus” fiscale – di requisiti e condizioni che rispondono a logiche e criteri del tutto differenti.

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